A cura di Ado Gruzza.

Programmare nell’allenamento del Powerlifting e della Forza massimale. Terza parte.
Qui trovi la PARTE UNO e la PARTE DUE.

 

Sanasi
L’idea di partenza: il carico medio.
Sappiamo come nella pesistica olimpica, secondo le analisi dei maestri dell’era Sovietica, l’intensità media si attestava attorno ad un 75% scarso.
Il già citato Sheyko, tecnico più vincente della storia del Powerlifting e vero rivoluzionario del Powerlifting training, calcolando tutte le alzate dal 50% ed oltre, considera un’intensità media del 70% con un margine del 2 percento.
Sempre nel pianeta Powerlifting, Dietmar Wolf, il geniale allenatore della Nazionale Norvegese di Powerlifting, considera anch’egli un’intensità media del 75% 1RM. Teniamo però presente che Wolf utilizza molte varianti dell’esercizio di gara, e queste entrano nel calcolo in maniera relativa. Cioè, al contrario del coach russo, se per esempio fate panca inclinata, lui considera il carico usato in relazione del massimale di panca inclinata (stimato o provato) e non del massimale di Panca Piana da gara.
Considerate invece come nel calcolo della pesistica entrino le tirate (fatte anche con carichi del 110% e oltre) e gli squat (a volte calcolati sul massimale di slancio) a possiamo ben capire che il carico ottimale sia praticamente lo stesso in tutt’e tre i casi. Qualcosa attorno al 70% del 1RM.

Cosa dobbiamo dedurre da questo fatidico 70% 1RM? Innanzi tutto un concetto: l’intensità di carico (cioè il peso utilizzato) ottimale non è la massima possibile. Banale, però mica tanto. Perdete due minuti su Pubmed, sfogliatevi virtualmente le ricerche che vi capitano sotto tiro sullo Strength Training (allenamento della forza) e vi accorgerete che questo concetto è banale solo per chi è seriamente avvezzo alla pratica dell’allenamento della forza, del powerlifting e della pesistica olimpica.
Andate a vedere cosa si fa nei famigerati ‘periodi di forza’ in molti ambienti della preparazione atletica nazionale, e vedrete che non è un concetto per nulla banale.

A questo concetto aggiungiamo altri tre punti.

1- L’atleta deve usare una vasta gamma di carichi o zone d’intensità; perché il 70% è frutto della somma di tanti carichi differentemente distribuiti.

2- I carichi più pesanti non rappresentano per forza i più importanti per la performance; d’altro canto, se lo fossero, tutti i migliori si allenerebbero al limite dei carichi possibili il più spesso possibile. Salvo una sola eccezione, nella storia, questo non è mai successo.

3- I carichi più usati devono essere carichi medi; avendo accesso ai manuali di pesistica sovietica sappiamo che la zona di intensità più battuta sta tra il 70 e l’80% del 1RM. Circa (vado a memoria) il 35% di tutte le ripetizioni rientrano in questa fascia. Dati statistici di anni e anni di pianificazioni.

Come faccio, quindi, a mettere insieme tutte queste informazioni? Scegliere il carico giusto, al momento giusto?

Scelta degli esercizi e dei carichi di allenamento. Cosa fare e perché.
Un allenamento ben congeniato dovrebbe essere praticamente incomprensibile se visto da vicino. Come in un quadro di Monet: a 10 cm di distanza si colgono solo macchie di colore e pennellate.
La logica, l’immagine, l’idea la si coglie solo se si guarda da una distanza minima da questo.
Nevicata ad Argenteuil, Claude Monet.

Quando scrivo un piano di lavoro per un avanzato ho un’idea di sviluppo nelle settimane, ovviamente. So dove voglio andare a parare, ho un’idea di massima di quando si faranno certe alzate, quando l’atleta dovrà essere pronto per certi carichi e quando si dovrà raggiungere il massimo della prestazione.
Questo sviluppo non è però di immediata comprensione, per chi legge. In pratica per chi, questo allenamento, deve farlo. Non perché sia scritto in codice o perché si voglia essere ermetici a tutti i costi. Semplicemente perché in ogni seduta l’atleta può trovarsi davanti a qualcosa di diverso, magari diversissimo da quello che ha fatto nella precedente e che dipende non da una impostazione di serie e ripetizioni preventivamente prestabilita, quanto dalle informazioni che ci ha dato l’allenamento stesso, o dalle risposte che posso aspettarmi da un certo tipo di stressor. Non c’è nulla di immediatamente consequenziale.
Faccio un altro esempio.
Se il lunedì è il giorno dello Squat pesante, e lunedì scorso avete fatto un 4 x 4 con 170 kg, difficilmente vi sottoporrò a un 4 x 4 con 175 kg il lunedì successivo, cioè un carico immediatamente crescente.
Questo per tre motivi.

Il primo: psicologicamente vi metterei con le spalle al muro: o fai meglio della settimana prima, oppure stai toppando! Credo che chi abbia già raggiunto buoni o ottimi risultati di forza, soffra molto di più dei principianti ed intermedi il lavoro monotono così come il testare frequentemente la propria condizione.
Secondo: non c’è niente al mondo che mi suggerisca che a 7 giorni ed un minuto dall’ultima seduta pesante, voi dobbiate replicare con un miglioramento usando gli stessi paramentri. Garantisco, niente.
Terzo e più importante:  il 4 x 4 a 170kg avrà senz’altro dato delle indicazioni, mostrato punti di forza e lacune, dei vuoti di spinta, eccetera. Ecco, su queste devo lavorare!

Ecco come potrebbe essere la seduta successiva, e successivamente valutiamone le motivazioni.
Attenzione, attenzione: questo è solo un esempio e non IL METODO che voglio consigliare a tutti. Un esempio immaginario di un caso immaginario!

170 kg con catene od elastici che tirano moderatamente x 3 ripetizioni, alternate a 180kg sempre con elastici o catene x 1 ripetizione. Il tutto per 3 onde. Il tutto seguito da 2 serie da 2 ripetizioni con 180kg però stavolta senza elastici. Quindi:
170kg più elastici x 3, 180 più elastici x 1, 170 el x 3, 180 el x 1, 170 el x 3, 180 el x 1, senza elastici 180 x 2 x 2 serie.

Stesso numero totale di alzate, però molto differente l’impatto sistemico.
Le prime serie per dare un sovraccarico (l’elastico) che permetta, però, di mantenere il controllo nell’accosciata profonda, zona in cui, la settimana precedente, avete dimostrato maggiori  carenze (ammettiamo che sia così ai fini del ragionamento) e solo successivamente aumentare il carico ed elaborare gli stimoli richiamati nelle serie precedenti. Potrete usufruire, anche se in minima parte, del meccanismo di post attivazione, dato dal maggior carico complessivo delle prime serie.

Se venivate da un 4 x 4 serie, questo allenamento vi sembrerà un gioco, non tanto per la facilità, quanto perché la differenza dello stimolo sarà tale da rendere questa seduta letteralmente divertente. Però state spingendo duro, lavorando sui vostri difetti e sullo stimolare in maniera ottimale la tensione muscolare.
Faccio notare che il numero di serie di questo esempio è al limite di quello che normalmente propongo. Sono per non eccedere sul numero di serie nel singolo esercizio. Molto più probabilmente la serie si sarebbe potuta limitare ad un 3,1, seguita da un 2 x 2 senza elastici o da un 3,1,3,1,3,1. Ho voluto mantenere lo stesso numero di alzate a scopo di chiarezza di analisi.
Scegliere in base ad obiettivi tangibili e a caratteristiche del soggetto altrettanto tangibili.

Guardate questo video, un esempio, in questo caso reale.

 

 

Analisi video.

La scelta di fare un fermo di 3 secondi sopra il parallelo in fase di risalita è totalmente peculiare alle caratteristiche e ai difetti del soggetto. Uno strappo ai posteriori della coscia, avvenuto sul lavoro di due anni fa ha lasciato strascichi anche nel muscolo quadricipite che ha avuto uno sviluppo disomogeneo. Per questo il soggetto fatica ad attivare i muscoli della coscia posteriorizzando molto (troppo) l’alzata.
Questo esercizio costringe il soggetto a mantenere quella linea di spinta che istintivamente (a causa del fastidio muscolare) lui tende ad evitare. Bypassare o come dico io, compensare.
Riccardo ha, contrariamente a quello che succede comunemente ed in particolare a soggetti meno efficienti, una discreta attivazione del gluteo, mentre fatica a richiamare la spinta di gambe. Se prendete un soggetto allenato però non molto efficiente (il bodybuilder medio per intenderci) avrà (generalizzando) al contrario facilità nella spinta di gambe e difficoltà nel richiamare i muscoli posteriori. Motivo per cui, molti principianti del Powerlifting tendono a buttare molto avanti le ginocchia, cercando soluzioni più semplici e spezzando l’alzata a metà. Riccardo è tutto tranne che un principiante. Sa muoversi e ha ottimi carichi, davvero ottimi rispetto ai carichi che aveva all’inizio della sua storia allenante, però ha leve molto sfavorevoli per lo squat ed ha queste problematiche pregresse.
Ecco vedete come in una situazione così particolare la soluzione debba essere altrettanto particolare e specifica. Lo stesso esercizio posto ad un altro soggetto può diventare inutile o probabilmente andare a rafforzare diffetti di spinta piuttosto che correggerli. Si, la voce di sottofondo è quella di Nadotti. Perdonatemi, non ho avuto modo di cancellarla dal file.

L’importante è che il quadro, nell’insieme, porti a un obiettivo. Mettere in spinta il soggetto deve essere l’obiettivo!
Ho visto gente fare grandi numeri con qualunque tipo di programma. Letteralmente.
Però se stringiamo il campo al mondo natural, cioè quelli naturali per sempre e da sempre, sono molti meno quelli che progrediscono con cose più casuali. Esistono, però sono una rarità, isole. Dove vedete tante persone forti, mediamente con buoni risultati, c’è sempre un’idea forte dietro.

D’altro canto, attenzione! Fare cose estremamente differenti e a caso o quasi, non porta a grandi prestazioni, porta al functional fitness fashioning training. Cioè, divertente però poco risultato!

Alternanza dei carichi.
I carichi devono essere alternati. A carichi elevati devono seguire carichi medi e carichi leggeri. Non necessariamente in quest’ordine. I primi per costruire la prestazione, i secondi per sviluppare la condizione fisica dell’atleta, i terzi per il recupero del sistema.
Questa sentenza, scritta in maniera leggermente diverse, la troviamo come citazione accanto a tutti i grandi maestri della pesistica, Medvedyev, Vorobyov, Roman. Visto che è decisamente meglio non avere figli dalla paternità incerta, questa citazione me la prendo io: dovete  ALTERNARE i carichi! Tutte le intensità di carico devono essere utilizzate. Così come è saggio alternare volumi e tipologie di stressor, o stressors a seconda che vogliamo fare gli inglesisti.
Nella pratica, lo sviluppo di un programma che abbia un quadro complesso e sviluppato nel tempo, dove esiste un’alternanza dei carichi, rende plausibile (con immensa cautela) anche l’uso di soluzioni più estreme.

 

gorga

 

Sviluppo dei carichi e geometrie.
Partiamo da un esempio molto semplificato per essere il più chiaro possibile (su questo discorso complesso, si potrebbe davvero trattare per un libro intero). Percentuali e ripetizioni sono puramente indicative.

Esempio UNO:

Settimana Carico Ripetizioni Serie
1 60% 6 10
2 65% 5 10
3 70% 4 10
4 75% 3 10

Esempio DUE:

Settimana Carico Ripetizioni Serie
1 55% 8 10
2 60% 8 8
3 65% 8 6
4 70% 8 4

Esempio TRE:

Settimana Carico Ripetizioni Serie
1 65% 5 6
2 70% 5 6
3 75% 5 6
4 80% 5 6

Tipici di un periodo preparatorio. Nel primo caso all’aumento del carico segue una diminuzione delle ripetizioni. Nel secondo segue una diminuzione delle serie, e nel terzo, a parità di serie e ripetizioni si alza il carico.

Sono tre modi certamente SENSATI, non classicamente lineari, che per qualche motivo inducono un miglioramento nella condizione.
Sono modalità molto usate (nelle loro quasi infinite varianti), e che effettivamente possono aiutare molto la crescita del soggetto.
Nel tempo, grazie all’analisi costante (che poi è frutto della passione e del lavoro) e all’incontro con allenatori di grande qualità, mi sono accorto come questi modelli abbiano, tanto più l’atleta si avvicina al proprio potenziale, dei limiti, e cioè quello di sacrificare il lavoro su un problema tangibile a favore di un piano di lavoro buono essenzialmente sulla carta.


Andiamo con ordine: se l’intensità di carico ottimale è X (e questo è un dato da stabilire in maniera individuale) non è saggio passare periodi più lunghi di una o due settimane lontani da questa intensità ottimale.
Sappiamo, sempre dai maestri sovietici, che l’intensità ottimale (anche in quanto non massimale) debba essere perseguita praticamente per tutto l’anno di preparazione ad eccezione delle fasi transitorie. Sono infatti convinto che un’escalation dell’intensità o del volume troppo geometrica non risponda esattamente a quello che è la nostra fisiologia. Il termine ‘geometrico’ lo rubo dall’Alfonso Signorini del powerlifting Italiano. L’amico Max Buccioni.  Non certo per le inclinazioni sessuali, quanto perché è l’unico che decisamente mi batte in quanto a conoscenza gossippara su tutto il dietro le quinte del PL Italiano e mondiale.
In natura abbiamo cose estremamente geometriche solo se viste in micro e forse in ambito astronomico, quindi super macro. Così, il nostro sistema in nessuna maniera richiede che il nostro allenamento sia la rappresentazione geometrica di schemi e ripetizioni ordinati e bellini da vedere scritti su carta.

Intensità.
Nel periodo preparatorio (cioè lontano dalle gare)  l’intensità media sarà più bassa (solo leggermente più bassa) essenzialmente a causa del più alto numero di alzate fatte nelle zone d’intensità bassa. Resta un utilizzo di tutte le zone d’intensità o di buona parte di esse. In pratica se il carico più alto che volete usare è il 92,5% sarà saggio andarci vicino anche nella fase preparatoria.
Paradossalmente il numero delle alzate nelle zone alte di intensità discosterà relativamente poco nelle varie fasi della preparazione.
Quello che vi renderà buoni tecnici sarà capire quanto è questo carico massimo. Perché non è detto che “di più” è meglio. Anzi, molto spesso carichi troppo alti sono causano pochi risultati e molti danni.
In ogni caso, ricordatevi che i carichi medi devono essere la struttura portante del vostro allenamento.
Carichi medi e ripetizioni ottimali accanto a questi.
Cos’è un carico medio? Semplifichiamo, se vi va, con un: quei carichi che possono essere sollevati senza particolare impegno psicologico per 3 o 4 ripetizioni, per diverse serie, mantenendosi fedeli al concetto di numero di ripetizioni ottimali presentato ampiamente nella seconda parte dell’articolo: PARTE SECONDA.

Secondo la stessa logica, nella fase competitiva (cioè in prossimità di gare o test), l’intensità media sarà più alta (solo di poco), essenzialmente per il minor volume di lavoro nelle % basse e medie. Che in ogni caso resteranno decisamente ed estremamente presenti. Uno dei fallimenti dei programmi di lavoro eccessivamente lineari, molto in voga nel powerlifting fino agli anni novanta, sta proprio nell’uso esclusivo di % di carico molto alte nelle settimane conclusive e di % basse o medie nelle fasi iniziali.
Ho fatto un’analisi a posteriori dell’intensità media di alcuni miei allenamenti che avevano avuto risultati particolarmente soddisfacenti.
L’intensità media varia da circa 67% a non molto oltre il 73% e parliamo di settimane piuttosto estreme. Io calcolo a partire dal 60% 1RM. Questo dato relativamente piatto, anche a fronte di allenamenti diversissimi tra loro, risulta dalla costante alternanza dei carichi.

 

posca

Volume.
Personalmente credo che un periodo preparatorio di grandissimo volume ed una vera e propria off season non servano a molto. In particolar modo al crescere dell’esperienza del soggetto.
Non credo nella trasformazione lunga!
In passato avevo un’idea differente in merito, idea che ho mutato (e che sono disposto a cambiare di nuovo in caso di evidenze differenti) probabilmente anche a causa del fatto che il livello medio degli atleti che ho la fortuna di seguire è diventata decisamente più alta di qualche anno fa.

Ad oggi, però, non credo debba esserci una fase come la ‘preparazione’ come si fa, o faceva, nel calcio. Eccezion fatta per le primissime settimana post competizione, per rigenerare articolazioni, muscoli e cervello.

Non credo che debba esserci un vero e proprio periodo di volume, esattamente come per l’intensità. Se torniamo ai tre esempi di prima, tipici di una fase a volume, la naturale conseguenza sarebbe stata quella di diminuire il numero totale di alzate, aumentando i carichi in maniera consistente nelle sedute a venire. Con il rischio di avere troppo sbalzo di intensità media, come avviene smaccatamente nei programmi lineari. Troppe abilità che vengono prima stimolate poi dimenticate, troppe facoltà prima dimenticate e poi fortemente stimolate.

Intendiamoci, ci ho ragionato molto, molto però coi mezzi che ho a disposizione, che sono sostanzialmente i mezzi di un allenatore non di professione, senza un centro tecnico federale, con un confronto sempre diretto con altre persone che praticano questo sport e che ci mettono la testa. Per questo voglio fortemente un Centro Tecnico Federale per la FIPL e vorrei che il centro che Elisa Vinante sta aprendo a Parma (Powerlifting Gym) possa fare da punto aggregante, di appoggio e di confronto per tutte le società e per tutti i tecnici del nostro Powerlifting. La crescita si ha con la struttura, sia fisica che sociale. Solo attraverso una maggiore strutturazione tecnica il Powerlifting Italiano potrà avere un ulteriore slancio di crescita. La strada fatta fin qui ne è da esempio palese.
Dobbiamo scovare i tanti talenti disseminati sullo stivale e metterli tutti in condizione di competere sul piano internazionale. Così come dobbiamo dare l’occasione a chi è meno talentuoso di poter raggiungere il proprio potenziale, portandolo a risultati che fino a ieri erano difficili da pensare anche per chi è baciato da Madre Natura. Questo si fa con un sistema il più strutturato possibile.

Anche per il volume di lavoro ho fatto una analisi a posteriori di alcuni allenamenti particolarmente ben riusciti, e ad eccezion fatta per le settimana di transizione, dalle 180 ripetizioni settimanali alle 240 e raramente  250 e non oltre è stato lo spread che ho trovato. Una varianza al massimo del 20% circa. Poca roba.

Certamente anche i grandi maestri sostengono che incrementare il volume porti ad incrementi nei risultati. Quello che mi chiedo è: fino a che punto? Certamente c’è un momento nella carriera di un ragazzo in cui incrementare il volume incrementa la prestazione.  Sono convinto, però, che se al Sanasi di turno incrementiamo il volume di lavoro del 20% su base annuale, non ci siano tutte queste risposte in termini di prestazione. Perché è un atleta che ha già stabilizzato il suo carico di lavoro, ed andando oltre quello, potrebbe solo annacquare le proprie facoltà.
Tutto ciò, ammettendo (come sono convinto nel caso specifico) che il soggetto abbia fatto un percorso che lo abbia portato ad avere un volume sufficientemente alto, ad una marcata distribuzione dei carichi nelle sedute settimanali e ad un uso maggioritario di carichi medi.

Dietmar ci disse che in Norvegia fanno circa 16000 ripetizioni l’anno. Tante? Poche? In quante sedute a settimana? A che età, a che livello? Troppo interessante per smettere di ragionarci sopra! Come vedete, avere una struttura, numeri e possibilità di confronto tra più teste pensanti diventa, più che una buona svolta, una necessità.

Taper.
Per quel che mi riguarda, si tratta di alternare carichi e volumi, modulandoli verso un obiettivo: portare volume ed intensità ad un equilibrio ottimale. Una volta raggiunto questo equilibrio, il volume deve essere ridotto e successivamente anche l’intensità, per ottimizzare la forma fisica in vista del test o della competizione. Chiamasi: taper! Tutto il viaggio deve durare all’incirca 12 settimane, e la fase più comunemente di taper durare dalle 4 alle 2 settimane.

La quarta parte di quest’articolo sarà quella in cui finalmente vi darà un opzione di programma, basata su una logica dell’alternanza dei carichi, nata da una delle tante ottime idee di Arkady Vorobyov (o Vorobyev), atleta, tecnico e grande pensatore dell’allenamento della forza.

Quella che vi presenterò al Corso Istruttori è uno delle due tecniche di pianificazione che effettivamente sto usando da più di un anno a questa parte, e che so altri allenatori hanno adottato e utilizzano con successo.
Tratteremo poi di alcuni ‘trucchetti’ o meglio metodologie che uso per stimolare il muscolo in maniera estremamente efficiente.
Insomma, la parte più godibile. Però questa lunga premessa espositiva era quanto meno necessaria per dare a chi legge un prodotto serio e su cui poter ragionare a pieno.