a cura di Gianluca Pisano

In foto: l’autore – Immagine per gentile concessione di Gianluca Pisano

Quando, una decina di anni fa, iniziai ad interessarmi al mondo dei pesi cercando informazioni su internet,  leggendo riviste del settore, chiedendo all’appassionato di turno o all’istruttore nelle palestre, o ancora al mio ex allenatore di canottaggio, capii subito di come il punto di vista della singola persona fosse influenzato da tantissime correnti di pensiero: le più disparate possibili!

Non c’era un filo logico comune nelle risposte che ricevevo e spesso veniva tirata fuori la soggettività per giustificare i maggiori o minori risultati ottenuti con un determinato approccio all’allenamento.

Con il tempo anche io fui soggetto a queste correnti di pensiero: chi  mi consigliava di allenarsi tanto, chi poco, chi pesante e chi leggero; la scelta degli esercizi non era costante e mai si parlava di tecnica, se non con qualche accenno di base. Non si pensava al “come”, ma solo al “quanto”.

Con il trascorrere degli anni la mia situazione personale si è però evoluta: sono entrato in contatto con ambienti nei quali i sovraccarichi vengono trattati come sport fine a se stesso e si cerca di eccellere in questo grazie all’applicazione degli esercizi più “importanti”.

È presente, in queste realtà, una grossa voglia di “capire le cose”: il perché a volte un approccio funzioni più di un altro; la soggettività, infatti, non è accettata come criterio sufficiente di risposta alle diversità prodotte dall’effetto allenante individuale.

Mi sono trovato piacevolmente coinvolto in questa ricerca di una codifica tecnica degli esercizi fondamentali, la cui svolta decisiva è stata l’osservazione dell’eccellenza: analizzare cosa fanno gli atleti d’élite e provare a replicarlo mi ha messo di fronte al dover risolvere tutte le difficoltà incontrate caso per caso, senza però giudicarle, come mi era capitato fino ad allora, invalicabili a causa di limiti soggettivi, genetici o tirando in ballo il famigerato doping.

Oggi, rispetto a dieci anni fa, rispetto al me stesso di dieci anni fa, un qualsiasi ragazzo che si approcci al mondo dei sovraccarichi ha a disposizione un bagaglio di esperienze e conoscenze altrui che io semplicemente mi sognavo.

Squat, Panca e Stacco sono stati CODIFICATI: così come fu, diversi anni orsono, per le alzate olimpiche.

Qualunque sia l’obiettivo che si persegue, chi si approccia a questi tre esercizi deve confrontarsi con coloro i quali quegli stessi esercizi li hanno portati ai massimi livelli possibili, così da ottenerne, volendo, nelle proprie applicazioni, i massimi risultati possibili.

Questo di per se non è comunque sufficiente: l’approccio all’allenamento è anch’esso fondamentale per raggiungere un obiettivo specifico preposto. Un approccio sbagliato potrebbe infatti far perdere tempo, causare infortuni o, al meglio, non portare a destinazione, favorendo pericolose “scorciatoie” farmacologiche.

Fortunatamente, anche l’approccio all’allenamento, ad oggi, ha ottenuto una codifica che, a seconda del livello di partenza del soggetto, fa riferimento a precisi capisaldi, comunemente ritenuti validi dalla comunità scientifica.

Quindi: non più scuole di pensiero scisse tra loro e senza alcun legame comune, ma una logica di base coerente e concreta.

Ciò che andremo ad esaminare come primo passo saranno però proprio i percorsi da non intraprendere, quegli errori, quelle strade senza uscita che costano solamente spreco di tempo e molta frustrazione.

Ad alcuni potrà sembrare banale ma, sull’onda del successo che ha avuto recentemente la pratica del powerlifting, alcuni concetti espressi a “mezza bocca” potrebbero essere stati fraintesi: per questo è meglio affrontare un discorso esauriente e completo.

Traccerò prima di tutto il profilo del mio “interlocutore tipo”: il PRINCIPIANTE ASSOLUTO, che identifico con colui il quale entra per la prima volta in palestra o che, per sua sfortunata, si è allenato per anni con metodiche completamente errate. Chiamo in causa la “sfortuna” perché in questi soggetti, rispetto ad un neofita assoluto, bisogna andare a “resettare” dal sistema nervoso centrale e dall’apparato muscoloscheletrico schemi motori errati, rigidità legamentose e asimmetrie posturali create negli anni da pratiche allenanti fondate sull’empirismo più puro.

ERRORE NUMERO 1 – UTILIZZARE POCO BUFFER

Iniziare un protocollo di allenamento con sovraccarico con poco buffer o addirittura a cedimento è senza dubbio la soluzione peggiore che si possa adottare, anche se potrebbe permettere, sul brevissimo tempo, risultati considerevoli.

“Tirando” la serie al massimo o avvicinandosi a soglie elevate di intensità nell’esercizio non ci si potrà concentrare sul movimento e si cercherà di sfruttare una serie di “manovre di compenso” per raggiungere il target di ripetizioni prefissato: insomma quello che in gergo viene chiamato “cheating”, ossia il classico barare per “macinare” qualche ripetizione in più…

ERRORE NUMERO 2 – SOVRACCARICO PROGRESSIVO FORZATO

Il classico schema da palestra: “Inizia con 5 serie x 5 ripetizioni e poi aumenta del 3% il carico ad ogni allenamento” può andar bene come logica di base, stando però bene attenti a non richiedere al corpo adattamenti troppo rapidi e di conseguenza impossibili. Per una semplice legge di “sopravvivenza”, infatti, un principiante assoluto riuscirà ad aumentare del 3% anche per molti allenamenti successivi, arrivando però nel corso delle sedute di allenamento ad uno stallo inevitabile che lo potrebbe ricondurre, ad esempio, all’errore 1 (l’uso del cheating).

Nelle prime fasi di approccio all’allenamento con i pesi, l’incremento del carico sul bilanciere non dovrebbe essere l’unico e più importante dato di misurazione del miglioramento della performance: la forma e il controllo del bilanciere sono indici di gran lunga migliori e più affidabili nel garantire un consolidamento della prestazione come un fatto concreto, ripetibile e reale.

ERRORE NUMERO 3 – IL RAMPING: QUESTO SCONOSCIUTO…

Iniziare il training con un carico molto leggero sul bilanciere e, nel corso delle serie, aumentarlo gradualmente finché non si raggiunge il proprio limite tecnico nell’alzata (inteso come velocità dell’attrezzo) a prima vista può sembrare un modello ottimale e di certo lo è per atleti di livello; per i principianti nasconde invece numerose insidie, prima delle quali l’ego del soggetto stesso. Nel neofita manca infatti uno schema motorio consolidato sul quale lavorare, che faccia da paramento base di confronto e misurazione e che deve letteralmente essere costruito da zero; di conseguenza come delineare in maniera precisa i limiti del nostro schema di ramping? Un allenatore attento e capace saprebbe certamente interrompere un allenamento di questo tipo fin dalla prima serie, finché non ci siano i presupposti per sfruttarne le numerose potenzialità una volta creata una “base solida” sulla quale costruire le qualità del proprio atleta…

ERRORE NUMERO 3 – SCHEMI PIRAMIDALI O SCHEMI A “ONDE”?

Similmente a quanto appena detto per il ramping, il carico variabile, nelle fasi di approccio all’allenamento con il bilanciere, è fortemente limitante: schemi piramidali con poco buffer o, peggio, “onde” di carico nelle quali si arrivi a maneggiare carichi importanti privi delle cosiddetta “efficienza al carico”, specie se sotto l’effetto della stanchezza neuromuscolare, possono predisporre a situazioni controproducenti e spiacevoli, aprendo anche le porte a possibili infortuni.

COSA RIMANE

Proviamo a questo punto a delineare le caratteristiche generiche, molto generiche, di un allenamento destinato ad un PRINCIPIANTE ASSOLUTO.

Certamente carico fisso sul bilanciere e buffer: una soluzione ottimale.

Ma: quante ripetizioni? E quante serie?

In queste prime fasi del training l’attenzione al gesto deve essere posta al centro: è imperativo e necessario provare e riprovare uno schema motorio per iniziare ad acquisirlo, interiorizzarlo e renderlo una propria abilità motoria.

Le capacità di reclutamento inziali di un soggetto neofita sono scarse quindi poche ripetizioni non sono sufficienti ad attivare al meglio i circuiti nervosi, che necessitano di “istruzioni” reiterate molto spesso nel breve termine; senza contare che, con un maggior numero di ripetizioni, è molto più facile migliorarsi anche grazie al supporto della nostra memoria procedurale, che ci aiuta a “normalizzare” i processi motori appena acquisiti.

Per cui: tante serie per un numero medio/alto di ripetizioni, fatte con molta attenzione o, per dirla in gergo, con “la testa”.

Consigliabile una frequenza settimanale buona ma non eccessiva, perché per un principiante allenarsi troppo spesso non è così ottimale come si potrebbe ipotizzare.

Volume di lavoro COMODO: sarebbe troppo facile portare a casa qualche ripetizione “fatta bene” provando 200 volte lo stesso movimento, 7 giorni su sette. Invece bisogna mirare a riuscirci minimizzando le ripetizioni errate: insomma, allenandosi il giusto con il massimo impegno.

Per gli amanti delle schede “nero su bianco”, ecco di seguito un esempio di approccio standard (e per questo ultra generico!):

GIORNO 1

  • Squat: 10 serie x  6 ripetizioni
  • Panca: 6 serie x 10 ripetizioni
  • Esercizio complementare: Spinta
  • Addominali

GIORNO 2

  • Stacco: 6 serie x 10 ripetizioni
  • Panca: 6 serie x 10 ripetizioni
  • Esercizio complementare: Gambe
  • Esercizio complementare: Spalle

GIORNO 3

  • Panca: 10 serie x  6 ripetizioni
  • Squat: 6 serie x 10 ripetizioni
  • Esercizio complementare: Trazione
  • Lombari

GIORNO 4 (facoltativo)

  • Stacco: 6 serie x 6 ripetizioni
  • Addominali
  • Esercizi complementari liberi

Caratteristica BASILARE di questo programma è l’uso di carichi di partenza leggerissimi, da incrementare solamente QUANDO CI SIANO LE CONDIZIONI PER FARLO, concentrandosi moltissimo sul miglioramento del gesto e non sul mero utilizzo di carichi maggiori, per evitare di generare o sfruttare quei compensi troppo spesso responsabili, sul medio-lungo termine, dei limiti alla crescita muscolare spesso riscontrati soprattutto dagli atleti natural.

Nel prossimo articolo analizzerò le caratteristiche che identificano un soggetto di livello intermedio e le peculiarità del suo programma di allenamento.

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Vi ricordiamo che Gianluca Pisano sarà tra i docenti di “Building a Strength Trainer” – 5° Corso Base FIPL per Istruttori di Powerlifting insieme a: Antonio ContentaAmerigo BrunettiAndrea MagnaghiAlessio Ferlito e al Dott. Francesco Pelizza.

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