TESI DI LAUREA “SQUAT: IMPROVE THE PERFORMANCE THROUGH BIOMECHANICS”
a cura di Federico Fontana
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Vi presentiamo un prodotto accademico davvero speciale: “SQUAT: come migliorare la performance attraverso la Biomeccanica” di Federico Fontana.
Questa è senz’altro la Tesi di Laurea più interessante che possiate leggere in Italia sui sovraccarichi: un prodotto speciale e stupefacente. Speciale perché, per gli addetti ai lavori e per i tecnici che lavorano con la forza (o meglio che tentano di ottimizzare lo sviluppo della forza negli atleti che allenano), non esiste praticamente nulla del genere. A parte migliaia di dissertazioni, testi, tesine, ricerche (spesso di dubbio spessore) non c’è alcun testo che razionalizzi l’uso di un esercizio fondamentale come lo Squat in maniera così attinente alla realtà del movimento.
Federico Fontana ha “fatto chilometri” e speso tempo nel mettere in piedi una Tesi di Laurea triennale in Scienze Motorie (presso l’Ateneo di Verona) che si avvicinasse il più possibile a quella “verità” che per sua natura è sfuggente; ha proposto i suoi test analitici nell’unico posto dove avesse senso che questi fossero effettuati: in due tra le più importanti scuole Italiane di Powerlifting e Sollevamento Pesi. Luoghi dove lo Squat, o meglio l’accosciata completa delle gambe con bilanciere, è materia di lavoro costante e la conoscenza del movimento minimizza tutta quell’immensa mole di falsi positivi che di solito si riscontra (anche a livello mondiale) negli studi del settore, nei quali il campione biomeccanicamente analizzato è sovente composto da semplici avventori di palestra, sportivi di altre discipline o improbabili “forzuti da fiera delle castagne” e/o, ancora più spesso, condotto da un ricercatore che MANCA DELLE COMPETENZE TECNICHE sul campo.
Non si può analizzare un gesto tecnico senza averne una profonda conoscenza: sembra una banalità ma è certo che questa Tesi rappresenti il primo testo in cui l’avvicinamento tra competenza e analisi prenda forma. Il grande valore aggiunto di questo lavoro, come già sottolineato, è che ci sia avvalso della consulenza di Tecnici specializzati esperti di Sollevamento Pesi e Powerlifting: la chiave di lettura dei risultati è stata vissuta non solo in vitro, bensì attraverso una visione “realistica” dal vivo del gesto atletico.
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Lo Squat, lunghi dall’essere una semplice flessione delle gambe, è un movimento immensamente complesso, assolutamente mal utilizzato e mal capito; il poterne analizzare momenti articolari, velocità angolari, risposte in soggetti di differente estrazione tecnica e con differenti storie d’allenamento (dal Campione Italiano di Powerlifting alla signora che “passava di lì per caso”…) fa si che sparisca quella costellazione di risultanze senza significato di fronte alle quali i Tecnici, oggi, si trovano ogni volta che studiano questa materia.
Perciò, come detto, una tesi stupefacente che potrà essere letta con interesse dai tantissimi preparatori atletici ed appassionati e che espone contenuti che, malgrado i limiti ovvi dell’analisi nel suo contesto, non è mai stato scritto con tanta puntualità.
Uno spunto di lettura su tutti: nel testo è sviluppata la comparazione tra un Powerlifter e un Pesista olimpico della stessa età, dello stesso peso, con gli stessi anni di allenamento alle spalle e con un massimale dell’esercizio molto simile; evidenza del tutto inattesa, a fronte di una prestazione, a carichi elevati, simile e di tutto rispetto, il Powerlifter è riuscito a produrre velocità più importanti attraverso lo “sticking point” rispetto al sollevatore olimpionico; semplicemente perché, dalle analisi angolari, il Powerlifter, cercando meno “compensi” e sfruttando meglio le strutture contrattili, è risultato essere più “tecnico”.
Questa conclusione consente di sfatare il mito del “Pesista dedito alla forza veloce” e conferma come un utilizzo intelligente e ottimale delle alzate di forza del Powerlifting (lo Squat in primis) possano insegnare ad ottimizzare le capacità di reclutamento ad altissimo livello.
Vi rimandiamo infine al testo completo della Tesi, visualizzabile cliccando qui: buona lettura!
Innanzitutto ringrazio per aver reso disponibile la tesi on line.
Il lavoro è molto interessante è serio. Se i complimenti sono d’obbligo, avrei però anche due notazioni più critiche da fare.
Devo dire che ho trovato un po’ fastidioso l’uso occasionale delle parolacce (“cazzo di schiena”, “aver culo”, “squat che fan cagare”…). ben venga uno stile che alleggerisca la lettura ma mi son sembrate fuori luogo in un testo che vuol essere autorevole e diverso da un articolo su Flex o su un forum qualunque. (Nel testo originale per l’Università mi auguro che non ci fossero).
Secondo punto. una delle tesi adombrate nello studio è che non esistano vari tipi di squat e che il WL squat e il PL siano sostanzialmente la stessa cosa. Lo confermerebbero gli atleti che si sono analizzati. Non fosse che gli atleti PL in questione, se non sbaglio, sono quelli di Gruzza, che, sempre se non sbaglio, sostiene proprio che non esistano due squat diversi e che lui stesso anzi si ispira pesantemente al WL. forse il risultato sarebbe stato diverso se avessimo usato atleti di un diverso centro sportivo. ( Io sono d’accordo con la tesi, solo credo che l’argomento qui sia piuttosto tendenzioso e, come si dice, “it begs the question”).
Saluti sportivi e complimenti per l’intero progetto dell’Accademia.
Andrea
Grazie Andrea, sulle parolacce hai ragione. Il mondo testuale è fatto di registri, questo è uno. In effetti Federico dovrebbe limarsi un poco, ciò non toglie che è uno dei giovani (giovanissimi) scrittori più interessanti che abbiamo in Italia, e quel paio di cose sue che sono uscite lo confermano.
No, non è tendenziosa: forse Federico ha avuto la fortuna di entrare in un centro tecnico dove curano, appunto, la tecnica, come ce ne sono altri, ovviamente.
Io non mi ispiro affatto agli squat dei pesisti, che troppo spesso compensano, rimbalzano e ‘sculano’ che non è una parolaccia, è diventato neologismo.
Io mi ispiro agli squat internazionali, almeno ci provo, e l’osservazione di questi, con un buon anticipo, mi devo autoincensare, su molti, ho notato come la distinzione ANTICHISSIMA tra squat da powerlifter, cioè punte dritte, gambe larghissime, mezza profondità e tutto d’anca, e quello da sollevatore olimpico: ginocchia tutte avanti, bilancere alto sul collo eccetera, fosse una stronzata, e questa è una parolaccia.
Ovviamente delle differenze tra gli squat dei powerlifters d’elite e quelli dei pesisti d’elite ci sono, però sono particolari tecnici, non sono quelle marcate grossolanità che tutt’ora un assistente di Poliquin riportava in un fragilissimo articolo di Olympian’s di quest’anno.
In un senso lato, un bello squat da powerlifter è molto simile ad un bello squat da pesista. Youtube è pieno di video di grandissimi atleti. Ultimamente vedendo squattare un paio di fanciulli cinesi mi sono accorto che usavano le nostre stesse massime, le stesse che ho visto usare alla palestra Bentegodi. Poi ci sono le sfumature tecniche. Quella però è roba molto ADVANCED. L’importante era rompere l’idiota manicheismo tra i due squat. Anche se non serviva la tesi, bastava guardare i Campionati del Mondo IPF.
Un caro saluto e grazie del commento
http://www.youtube.com/watch?v=4yxXWuHHc4g
http://www.youtube.com/watch?v=E0LmjX7mlYw
Ti ho messo volutamente due squat non pulitissimi, perchè fatti da pesanti. Guardalo dalla luna e dimmi che sono squat da powerlifter piuttosto che da qualcos’altro.
Uno dei due tra l’altro tira al limite, infatti le ultime le sporca tantissimo ed entrambi sono atleti di livello internazionale. Gagin fu pure campione del mondo o medaglia d’argento, mentre Hansen è tra i più forti atleti occidentali in assoluto.
Le differenze ci sono, però sono cose tecniche, che non riguardano un preparatore atletico.
UN PREPARATORE DEVE IMPARARE A FAR FARE LO SQUAT, SENZA PERDERSI IN DISTINZIONI CHE ESISTONO SOLO NEI GIORNALETTI che si stampavano prima che ci fosse internet.
Un caro saluto di nuovo.
Ciao Andrea,
innanzitutto grazie, anche per le critiche; sono quelle che fanno crescere un progetto.
Dispiace sapere che hai trovato fastidiose alcune parti “scurrili”, chiedo scusa; sono state inserite per alleggerire lo scritto e per renderlo più diretto.
Non se ne fa un uso occasionale, sono limitate; un “cazzo”, a mio parere, rende meglio di un “cavolo” in un certo contesto.
CHIARAMENTE la Tesi è scritta in un linguaggio diverso, più formale alla trama del lavoro.
L’idea è produrre materiale di qualità, che attiri l’attenzione ma che non annoi; sfido chiunque a trovare piacere nel leggere la formalità degli articoli scientifici.
Però ti ringrazio dell’osservazione Andrea, sicuramente influenzerà i miei scritti futuri.
Per il secondo punto credo tu faccia una considerazione giustissima ma involontariamente prevenuta;
Ado è venuto con me quando abbiamo ripreso lo squat di pesisti olimpici nella prima sessione, e li, per la PRIMA volta durante le ricerche, abbiamo avuto conferma della similitudine tra movimenti di qualità.
Ci siamo stupiti entrambi di quanto in due realtà, ASSOLUTAMENTE distinte, lo squat sia fatto in maniera simile!
NIENTE era stato “scelto”, “concordato” a priori.
Credo fermamente invece che, se riprendo QUALSIASI campione di persone che sa fare squat in maniera tecnicamente impeccabile, questo rientri nel contesto di significatività statistica che rende lo squat dei PL uguale a quello dei WL nella tesi.
buongiorno , riesco solo a visualizzare le prime 20 pagine della tesi in formato pdf . come posso accedere all’intera trattazione? grazie in anticipo per la votra risposta.