A cura di Ado Gruzza.

 

Con una puntalità che non è nemmeno del Big Ben di Londra, ad ogni corso, seminario, meeting, web interview o quello che vi pare, c’è sempre il tizio che un tempo spavaldamente (oggi sommessamente e con gli occhi pieni di timidezza), alza la mano e chiede: “si, ok, però i tempi di recupero tra le serie…?”

Non importa a che livello il relatore sia riuscito ad incanalare la presentazione, non importa a che profondità sia riuscito a parlare del rapporto tra forza e compensi, di qualità di spinta, di analisi di volumi e tonnellaggi, rapporto tra % di carico e ripetizioni: c’è sempre un tizio che ha in mente quasi soltanto se deve recuperare 1 minuto e 30 secondi o 1 minuto e 45 secondi.

All’inizio dell’avventura dei corsi FIPL , quindi all’inizio dell’avventura del ‘tecnica uber alles’, trovai un modo di dire, che ha funzionato, ha reso l’idea e mi ha permesso, almeno per qualche annetto di non parlare di sto noiosissimo recupero tra le serie: buttate il cronometro!

Dobbiamo sempre considerare che in 5 anni il nostro mondo è cambiato dalla A alla Z e mentre oggi abbiamo gente che col Crossfit spazia da Yuri Chechi a Ilia Ilyn come riferimenti sportivi, fino a ieri avevamo un popolo di persone che giravano per le palestre con i guantini e il cronometro al collo.
Ecco che con il famoso ‘buttate il cronometro’ ero forse riuscito a dare l’idea che la maniacalità verso i secondi di recupero tra le serie rischiava (decisamente) di togliere la concentrazione del soggetto dalle cose che davvero contano: tensione muscolare, qualità del gesto, accelerazione eccetera.

Pochi giorni fa, però, mi è venuto voglia di trattarlo, finalmente, questo argomento che avevo sempre dribblato piuttosto agilmente.
Leggo l’ennesima Q & A di Charles Poliquin, a cui, il solito tizio chiede: allora Strenght Sensei, quanto recupero devo tenere nell’allenamento della forza?

Charles è uno che ha studiato, con, immagino, poca fatica. Egli ha snocciolato correttamente la teoria convenzionale sul recupero tra le serie nell’allenamento della forza. Ripassiamola.
Innanzi tutto chiarisce il significato e l’obiettivo della pausa tra le serie:
1) Regola il ripristino delle fonti energetiche. Parziale o quasi completo.
2) Fornisce tempo per l’eliminazione degli scarti metabolici accumulati.
3) Fornisce tempo per il rallentamento della frequenza cardiaca.
4) Fornisce tempo al SNC di recuperare.
5) Influenza quali e quanti ormoni sono secreti in seguito all’allenamento.

Faccio notare che trovate tutto sull’ultimo numero di Olympian’s News.

Continua Poliquin: gli scienziati dello sport consigliano intervalli da 3 a 5 minuti per l’allenamento con carichi da 1 a 5 ripetizioni x un intensità dal 85 al 100% del 1RM. Quindi da 5RM a 1RM.
Questo tipo di recupero previene l’affaticamento precoce e ti permette di produrre sforzi ripetuti ad elevatissime intensità.

Secondo Poliquin il recupero deve essere:
a) abbastanza lungo da permettere al SNC di recuperare quasi completamente;
b) non così lungo da perdere l’effetto post tetanico.

L’effetto post tetanico è quel meccanismo per cui, entro 5\10 minuti da una serie estremamente pesante, possiate giovare di una migliore attivazione neurale.
Provate a fare un massimale, e dopo qualche minuto, sollevate il 75% e vi sembrerà aria. Ecco, questo è l’effetto post tetanico. Oppure il miglioramento che spesso si sperimenta tra una serie e l’altra di un allenamento a carico fisso con % di carico elevate.
In pratica, dato il fatto che è stato valutato in 4 minuti il tempo ottimale per lo stimolo di questo effetto, il tecnico Canadese consiglia di usare 4 o 5 minuti quando si tratta di un allenamento davvero intenso.

Tutto bene.
Ora però credo sia interessante fare una valutazione un po’ più approfondita.
Innanzitutto, come sempre faccio, vorrei partire dell’esperienza pratica di chi la forza la usa come primo mezzo allenante, e non come mezzo coadiuvante per altre attività.
Vediamo cosa succede sul campo.

Sappiamo infatti che Ivan Abadjiev, sebbene l’uso smodato di alzate massimali, faceva tenere tempi di riposo tra le serie molto brevi. In una ventina di minuti gli atleti facevano tutto il riscaldamento e diverse serie massimali.
Studiando anche la scuola Kazaka, oggi assoluta elite mondiale nella pesistica, ho scoperto che anch’essi, utilizzando perlopiù alzate da 1 a 2 ripetizioni (teoria dell’ipertrofia selettiva) utilizzano anch’essi riposi tra le serie anche inferiori al minuto.
Come spesso accade, praticamente l’esatto contrario di quello che dice la scienza dello sport ufficiale. Credo, anche se non ne ho l’assoluta certezza, che anche se andassimo a valutare la metodologia cinese, ci troveremmo con tempi di recupero tra le serie piuttosto incalzanti.

Nel powerlifting, Boris Sheyko consiglia da 2 a 3 minuti di recupero tra le serie da 2 a 3 ripetizioni. Anche se, sottolinea, nel caso di un tassante 5 x 5 al 75% concede recuperi più lunghi fino a 5 minuti.
Importante è però notare come nei suoi allenamenti non esiste nessuna notazione riguardo al recupero, segno che, anch’egli non lo ritiene un fattore così determinante come i maghi del fitness.

Quando abbiamo avuto il piacere di ospitare Marte Elverum a Parma, Campionessa Mondiale Juniores RAW e Europea Juniores di Powerlifting, non ho potuto non notare che in 4 x 4 con carichi molto importanti ha tenuto recuperi molto lunghi, andando persino negli spogliatoi tra le serie. Anche nel suo caso, coach Wolf non ha dato alcuna segnalazione di recupero tra le serie.
Allo stesso modo, sempre a Parma, il vicecampione mondiale di Powerlifting sia RAW che Gear Mike Tuscherer, durante un pesantissimo (davvero pesantissimo) ramping di stacco da terra a 4 ripetizioni ha tenuto almeno 10 minuti di recupero tra le ultime tre serie finali.
Aggiungo ancora: al culmine di un piano di allenamento che portava in fase preparatoria ad un 6 x 6 al 80% del 1RM, l’amico Daniele Pomarico aveva indicazione dal suo coach Franco Sala di tenere 5 o 6 minuti di recupero tra le serie.

In buona sostanza il quadro mi sembra chiaro.
Credo che all’analisi (teoricamente correttissima) di Poliquin manchi un punto di vista: l’allenamento della forza deve essere allenamento della forza e non TEST della forza.

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Se devo testarmi e dare il massimo in competizione devo avere un certo recupero minimo per colmare tutte le necessità trattate prima.
Altrimenti, nelle normali sedute di allenamento della forza, non credo sia necessario tenere tempi di recupero molto lunghi. Anzi penso che sia dannoso o almeno limitante. L’atleta a mio parere deve restare sul pezzo, attivo mentalmente, e abituarsi ad estrapolare le migliori qualità anche in uno stato di affaticamento.
Al contrario, quando anche a % di carico inferiori ai canonici 85\90% la fatica metabolica diventa alta, e vogliamo mantenere un’ottima qualità nel passaggio dalle serie (un 5 x 5 o un 6 x 6 serie ad esempio), può essere intelligente concedersi recuperi più elevati. Insomma, è il numero di ripetizioni mediamente elevate in concomitanza a carichi relativamente elevati a chiedere recuperi più lunghi. Credo puramente per una questione metabolica.
L’idea classica di avere recuperi brevi quando si lavora ad alto volume e recuperi lunghi quando si lavora a bassissime ripetizioni non è sempre vera, anzi, a volte rischia di essere in qualche modo un paradosso per l’atleta di forza.

Senza dimenticarsi che c’è spazio per tutto, e molte combinazioni sono possibili, credo che sia saggio non perdersi troppo dietro il cronometro, e allo stesso tempo però mantenere recuperi decisamente brevi possa essere una strada interessante per la gran parte degli allenamenti.

Non ci si dimentichi che molto spesso viene considerato come ‘allenamento della forza’ qualcosa che è molto lontano da quello che si fa ‘realmente’ nelle palestre di pesistica e powerlifting del mondo.

Se, per Poliquin e per buona parte della scienza dell’allenamento, l’allenamento della forza è da 5 a 1 ripetizione dal 85% al 100% del 1RM, occorre sottolineare come nella realtà, buona parte degli atleti si limita a fare non più di 2 ripetizioni all’85% e 90% e rarissimamente vanno oltre con i carichi se non durante un test. Anzi, credo che moltissimi atleti strabuzzino gli occhi di fronte a queste indicazioni di carichi e ripetizioni.

Ho un testo in russo sempre di Sheyko e un altro di Poletsaev in cui è commentato un classico programma di Verchoshansky basato su paramentri molto simili, con diverse ripetizioni al 90 e 95% del 1RM, in cui il tecnico russo bolla queste metodologie (usate ampiamente nella preparazione atletica classica) come impossibili per un atleta di forza.

88% 2 x 4 serie
85% 2 x 2, 90% 1 x 2, 85% 2 x 2 serie
80% 3 x 8 serie
80% 3 x 1, 85% 2 x 1, 90% 1 x 1, 85% 2 x 1 serie;

A questo punto, diventa molto chiaro come le necessità di chi fa una sedute di questo tipo, piuttosto verosimili rispetto alle necessità REALI di un atleta di forza, siano molto differenti da chi si lega a parametri che vanno da 5 ripetizioni all’85% fino a 1 al 100% del 1RM, lasciando intravedere un possibile 4 ripetizioni al 90% e così via.

In quest’ultimo caso, escono le solite problematiche in cui l’atleta non può curare il gesto motorio, deve spingersi fino al limite delle proprie capacità, vivendo in maniera stressante il passaggio da serie a serie, chiedendo così un recupero molto importante.
Un conto è se queste sedute sono il culmine di un programma articolato che porta (come nel caso di Marte) ad una seduta estrema in mezzo a tante settimane ‘facili’ e un altro conto è se queste modalità di carico sono l’abitudine dell’atleta, costretto a tentare di sopravvivere (relativamente parlando ovviamente) alle sedute, piuttosto che all’imparare da queste.

 

Se la forza è un’abilità, occorre essere abili, e per essere abili occorre praticare in maniera perfetta e per farlo può essere sensato farlo in condizioni di affaticamento momentaneo, utilizzando carichi che permettano all’atleta di concentrarsi sulla qualità del risultato e non solo sul risultato matematico finale.

Ciò non toglie che il recupero tra le serie sia un parametro che determina l’intensità dell’allenamento, e come tutti i parametri possa essere manipolato cercando soluzioni ottimali per lo sviluppo.