Allenamento e programmazione della forza massimale.

A cura di Ado Gruzza.

 

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Su quali basi, più o meno scientifiche costruire un programma di allenamento?

Abbiamo sempre tutti grandi difficoltà nello stilare un piano di allenamento, sopratutto quando si tratta di iniziare, quando abbiamo di fronte la pagina bianca da riempire.
Spesso più siamo attenti e preparati a livello teorico, più abbiamo l’irrefrenabile desiderio di metterci dentro tutto quello che abbiamo letto e che possa dare risultati in termini di forza, ipertrofia, potenza, concedendo il miglior recupero e la miglior possibilità di evoluzione futura.

Se riguardo ai miei primi programmi di allenamento, proprio questo era il limite. Ero abbondantemente più preparato (leggevo tutto, memorizzavo istantaneamente tutto quello che leggevo ed ero attento ad ogni virgola di quello che leggevo) di quanto fossi competente. Creando così programmi di allenamenti troppo complicati rispetto a quanto richiesto dal soggetto. Poi, se ci ripenso, della mia generazione (appassionati di allenamento) ero tra quelli che manifestavano l’innato senso pratico. Ricordo discussioni sui forum oltre il livello del “mega-nerd”, allenamenti in cui persone calcolavano persino i minuti di recupero da tricipite surale e soleo.

Poi ho avuto due fortune: l’intuito e l’essermi catapultato nel mondo agonistico fin da subito.
L’intuito è stato che mentre gli altri guardavano Poliquin, Simmons, Mc Roberts e compagnia (quelli da magazine) io mi ero istintivamente buttato sui padri della pesistica sovietica, su Sheyko e su tutto quanto fosse reale performance. Questo mi ha dato modo di partire con il piede giusto, giustissimo.
La pratica e le buone strade ti portano a capire meglio, ad avere miglior polso di cosa sia speculazione e cosa sia davvero determinante per raggiungere risultati.

Vi sarà capitato di frequentare conferenze o leggere articoli in cui ‘dottoroni’ pestavano delle merde di apatosauro, per chiara mancanza di pratica, di esperienza coi sovraccarichi, vero? Ricordo, memorabile, pallavolisti (immaginatevi la scena di questi tizi secchi, alti 2 metri) costretti a svegliari quasi nel cuore della notte perchè ad un certo orario c’era il picco del gh (o quello che è) per fare mezzi squat e squat jump con pesi che dopo una settimana e mezzo di allenamento li fa anche il fornaio di Taneto, che si deve svegliare davvero nel cuore della notte e non per il picco dell’ormone della crescita. Ovviamente ben altre sarebbero le cose da valutare per migliorare la forza dei soggetti. Queste “ben altre cose”, secondo me, sono il futuro dell’allenamento coi sovraccarichi.

Da che punto iniziare a costruire un piano di lavoro che abbia tutti i requisiti per poter avere i migliori risultati?

Facciamo un piccolo viaggio senza troppe prestese antologiche andando a vedere cosa la scienza ci dice sul metodo da scegliere, nella struttura di un piano di lavoro.
Non dobbiamo aspettarci molto dalle cose scientifiche, perchè, per loro natura, sono molto generiche e trattano relativamente di quello che interessa a noi. Il gioco sta nel saper leggere tra le righe e cogliere il buono che ci interessa, scartando quello che è tipicamente accademico.

Delorme
Abbiamo Delorme, medico che studia il lavoro contro resistenza su persone affette da patologie o vittime di infortunii, che ci dice (materiale degli anni quaranta) che un protocollo ottimale si sviluppa così:
50% del 10RM x 10 ripetizioni;
75% del 10RM x 10 ripetizioni;
ed infine 100% del 10RM x 10 ripetizioni. Due serie di avvicinamento e la terza serie con il 10RM.

Probabilmente, tra i tanti motivi per cui, se entrate in una palestra il primo programma che vi daranno sarà basato sui 10 x 3 serie è proprio dovuto al retaggio culturale originario proveniente da Delorme.
Questo metodo sta alla base, nel bene e nel meno bene, della nostra cultura occidentale del sovraccarico.
Prima di Delorme il recupero muscolare e il potenziamento a livello medico erano per lo più affidate al lavoro di resistenza, in senso latino del termine.

Di quegli stessi anni o poco successiva la scuola di Oxford (o metodo Zinovieff) che al contrario faceva iniziare la serie dal 100% del 10RM, passando poi per il 75% ed infine al 50% sempre del 10RM.
Mc Cloy, contemporaneo di Delorme, propose un lavoro molto simile, con un 50% seguito da due serie al 100% e chiuso da un 75% del 10RM protratta fino a cedimento. Per quanto questa terza ipotesi possa sembrare più completa, non si sono mostrati risultati chiaramente distinguibili tra le 3 metodiche. In pratica è risultato essere piuttosto indifferente la scelta tra le tre.

Berger
Negli anni sessanta Berger, che andò a fondo nello studio del rapporto tra serie, ripetizioni e carico, arrivò alla conclusione che 3 serie più o meno al 6RM rappresentavano l’ottimo per quanto riguarda l’allenamento coi sovraccarichi, mentre un collega con un nome simile ad una marca di Wurstel (mi perdonerete non me lo ricordo) stimò il 5RM come carico ideale.
Inizialmente, Berger analizzò l’utilizzo di u un 2RM, un 6RM e un 10RM e per sole 5 settimane non trovò alcuna differenza nei risultati.
Solo nelle 12 settimane le 3 serie da 6 ripetizioni risultarono le più efficaci. Muoviamo le rotelle, cerchiamo di capirne il perchè, considerando la situazione, i mezzi e tutto quanto.

Successivamente Berger e Hardage hanno condotto 2 programmi di 8 settimane sulla panca piana.
Il primo era un classico programma basato sulla ricerca di un 10RM.
Il secondo era detto “serie continuata”: una sorta di serie cluster in cui, raggiunto un 1RM, dopo pochissimi secondi veniva sottratto un carico minimo (5 libbre) e invitato il soggetto ad eseguire una ripetizione, poi ancora a scaricare peso e ad eseguire un’altra ripetizione, fino al raggiungimento delle 10 ripetizioni totali, praticamente senza sosta.  Questa metodica risultò più performante, nei principianti, rispetto a quella tradizionale della monoserie col 10RM. Ci sarebbe da chiedersi se il merito vada alla serie continuata oppure il demerito stia nel fare una monoserie a 10RM, protraendo questo training nel tempo.

Questo aprì la strada ai metodi rest pause, in cui il recupero era più elevato, fino a 30 secondi, che tale Haff sperimento nella pesistica olimpica ed in particolar modo nelle tirate.

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Marx, O’Shea, Palmieri, Zefeiridis, Ahtiainen

J.O Marx (forse parente del più noto e sopravvalutato Karl) applicò 2 diversi protocolli ad un gruppo di donne.
Uno da 1 serie e l’altro da 3 serie.
Il primo (una serie) struttrato usando carichi dal 8 al 12 RM.
Il secondo (tre serie) utilizzando carichi da 12 RM, però per 3 serie da SOLE 6 ripetizioni.
L’1RM fu testato all’inizio, dopo 12 settimane e dopo 24 settimane.

Interessante notare come dopo 12 settimane migliorarono entrambi i gruppi, anche se maggiormente quello delle tre serie.
A seguire, solo il gruppo delle tre serie continuò ad incrementare la prestazione anche nel test finale.
Gli autori danno merito al volume, possiamo spingerci a credere che sia stato il lavorare a buffer ad ever fatto la differenza, in particolar modo nello sviluppo del lungo periodo.

 

O’Shea, sperimentò su tre gruppi di lavoro questi protocolli:
10 RM x 3 serie da 9 a 10 ripetizioni;
6 RM x 3 serie da 5 a 6 ripetizioni;
3 RM x 3 serie da 2 a 3 ripetizioni.
Come (troppo) spesso accade in ambito accademico, non sono state riscontrate differenza sostanziali nei risultati.
Per quanto possa apparire assurdo, provare a darsi una spiegazione del perchè, anche considerando i limiti di competenza di questa ricerca, credo sia molto interessante.

Tale Palmieri fece un esperimento molto simile, sullo squat, aggiungendo fattori come la modificazione del tempo, lavorando sempre con carichi tra il 10RM e l’1RM. Anche in questo caso non sono stata notate significative differenze. La risposta che credo si siano dati è che la modificazione del tempo nelle alzate non dà particolari differenze nella prestazione. La risposta che forse dovremmo darci noi è assai diversa. Lavorando sullo squat, una volta a settimana per 1 serie a cedimento, qualunque cosa fai, più di tanto non ti potrà dare risultati. In questo modo, migliori tanto più tu sei principiante e tanto più il tempo di somministrazione risulta breve.

Zefeiridis studiò gli effetti di allenamenti applicati a diversi programmi:
forza 88% 5 x 4 serie, recupero 3 minuti;
ipertrofia 75% 10 x 4 serie, recupero 2 minuti;
resistenza alla forza 60% 15 x 4 serie, recupero 1 minuto.
Gli autori hanno riscontrato un aumento dell’ormone della crescita dopo ognuno di questi tre modelli.
Non si può non notare come i parametri di carico siano al di là di ogni buon senso se applicati ad esercizi multiarticolari e a soggetti con una adeguato livello di forza.

Interessante è senza dubbio la ricerca di Ahtiainen che sottopose due gruppi, uno di principianti e uno di esperti ad un protocollo formato da 5 serie x 10 ripetizioni. Come facile immaginare la maggior risposta in termini di forza e ipertrofia fu largamente dalla parte dei principianti.
Nelle ricerche successive, gli stessi autori hanno studiato l’effetto di 6 mesi di allenamento su atleti esperti in cui, utilizzando protocolli analoghi, fu introdotta la variante di 2 minuti di riposo tra le serie oppure 5 minuti di riposo. In entrambi i casi (due e cinque minuti) i gruppi hanno ottenuto LO STESSO incremento di forza.

Come avrete notato, ricorre puntuale come il 25 dicembre questo risultato: non ci sono sostanziali differenze tra i diversi protocolli. Sembra che vada bene tutto.
Quando va bene tutto, si potrebbe pensare che quanto meno non siano le strade ottimali.

Sempre dal mondo accademico abbiamo anche interessanti analisi che comparano diverse intensità di carico utilizzate con differenti frequenze.
Nei seminari cui sono invitato a parlare di Strength Training (allenamento della forza), mi è capitato spesso proporre questo quesito:

abbiamo 5 possibili schemi utilizzabili. Quali di questo, secondo voi, avrà dato i migliori risultati?

1) Tre allenamenti settimanali;
2\3 del 1RM x 2 sedute, 100% 1RM x 1 seduta.

2) Tre allenamenti settimanali;
2\3 del 1RM x 2 sedute, 90% 1RM x 1 seduta.

3) Tre allenamenti settimanali;
2\3 del 1RM x 2 sedute, 80% 1RM x 1 seduta.

4) Un allenamento settimanale;
100% 1RM

5) Tre allenamenti settimanali;
2\3 del 1RM x 3 sedute.

Molti hanno risposto, in maniera sensata che il 5) oppure il 3) erano i mezzi migliori. Qualcuno ha ipotizzato il 2) pochi il primo metodo.

La risposta, invece è sempre la stessa.
NON CI SONO SOSTANZIALI DIFFERENZE tra vari metodi. Ad eccezione del metodo 5) che è l’unico che NON ha dato miglioramenti nella prestazione dei soggetti.
Curioso è pensare che il metodo 5) assomiglia tantissimo ad un metodo molto noto nel mondo del Powerlifting, cioè il Korte.
Ecco, pensare che un 1RM svolto una volta a settimana possa incrementare la forza come 2 sedute al 65 o 70% e una al 80 o 90% sembra davvero paradossale.

Ancor più paradossale è la ricerca che mostra come, in particolari condizioni, non sia il carico, quanto il volume di lavoro a determinare i risultati.
Abbiamo 20% 40% 60% 80% del 1RM. Ogni gruppo di soggetti ha utilizzato uno solo di queste intensità di carico.
Il risultato è che a parità di tempo delle alzate e a parità di joule prodotti (quindi con meno carico avremo più ripetizioni) il risultato in termini di performance è il medesimo. In pratica, se il vostro massimale di panca è di 90 kg, potreste avere lo stesso miglioramento utilizzando 18 kg oppure 72 kg. Complicato da credere. Vero? Vi risparmio tutti i viaggi mentali di allenamenti svolti al 20% con occlusioni, super slow, sensori spaziali, Voltron e quant’altro.
Per gli appassionati di queste cose, un intero e lungo capitolo del mio libro è dedicato ad una lettura più analitica di famosissime ricerche di famosissimi ricercatori come Fleck, Kraemer e compagnia, dove, con un occhio minimamente (davvero, minimamente) attento si potevano cogliere gli errori e le mancanze elementari.

In sostanza cosa ci dicono questi dati contraddittori?
Ci dicono che in mancanza di una idea di COME, solo il QUANTO domina la scena.
Cioè i soggetti chi sono? Per lo più casuali, si passa dal giocatore di football con testosterone a 22 al nerd sedentario. Casualità. Dove c’è il caso, basta far fare qualcosa e magari variare un poco.

Per migliorare la capacità aerobica di un peso massimo che non fa mai più di 3 ripetizioni da una vita, basta farlo camminare mezz’ora al giorno. Se avete per le mani un atleta come l’amico crossfittaro Davide ‘Danko’ Marini e lo fate camminare mezz’ora al giorno, ovviamente peggiora la sua condizione fisica. Tutto è relativo!
Basta, in pratica, utilizzare carichi superiori ad 1\3 del proprio massimale, meglio se superiori al 70% di questo per avere dei miglioramenti, se la cosa è proiettata su larghissima scala e nella casualità. Questo è sostanzialmente quello che ci può dire la teoria.
Essenzialmente perchè la pratica, come dico da tempo, risulta dominata dalla legge del Caos. Troppi fattori entrano in gioco per essere valutabile in uno studio, che non sia decennale e multimiliardario. Miliardi di euro, non di Dracme o di Lire.

DAPRE
Verso la fine degli anni 70 tale Knight propose un protocollo, intelligente di per sé, basato su una idea di autoregolazione.  Il Daily Adjustable Progressive Resistive Exercise. DAPRE.
Il DAPRE era strutturato più o meno in questa maniera 50% 6RM x 10, 75% 6RM x 6, 100% 6 RM x quante ripetizioni possibili. La quarta serie dipenderà dal numero di ripetizioni svolte nella terza.

Mi spiego meglio.
Si arriva ad sollevare un carico pari ad una stima ipotetica del proprio 6RM. In base a quante ripetizioni si riusciranno a completare, si avranno due sviluppi differenti. Innanzitutto dipenderà il carico utilizzato nella serie successiva. Ed infine sarà determinante per la scelta del carico nella settimana successiva.
Esempio. Se con l’ideale 6RM completo 6 ripetizioni, la quarta serie utilizzerò lo stesso peso per lo stesso numero di ripetizioni, e questo sarà pure il carico di riferimento della prossima sessione.
Se invece ne avrò completate 7 la serie successiva aumenterò il carico del 2% cercando di completarne sei. E questo carico sarà quello su cui imposterò tutto il lavoro nella settimana a venire.
Pregi? L’autoderminazione dei carichi non a sentimento quanto, piuttosto, su basi numeriche. Difetti: sempre lo stesso. Allenarsi in questa maniera ti porta a spingere il tuo corpo verso il diventare una macchina produci ripetizioni, non al diventare VERAMENTE più forte. Compensi, aiutini, strategie di risparmio energetico, sono, già nel medio periodo, garantite. Ciò non toglie che la struttura di base abbia un ché di interessante. Rimanendo un metodo di lavoro molto rischioso.
Dovremmo chiederci: quante medaglie olimpiche sono state vinte utilizzando questo metodo? Resta un protocollo molto interessante per impostazione e sul quale vale la pena riflettere.

 

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Verchoshansky
Prendiamo in mano ricercatori applicati. Gente cioè che ha lavorato sulla forza, pur non essendo allenatori di pesistica o di powerlifting.
Il noto professor Yuri Verchoshansky, sul finire degli anni 80 fece delle ricerche applicate ad atleti di alto livello, arrivando a proporre raccomandazioni di questo tipo:
a) 90\95% 2-3 ripetizioni x 2-4 serie;
b) 90% 3, 95% 1, 97% 1, 100% 1, 100% più 1 o 2 kg x 1 x 1 serie;
c) 100% 1 ripetizione x 4-5 serie.

Raccomando inoltre una metodica degli sforzi ripetuti con carico dall’85 al 95% dalle 5 alle 8 ripetizioni x dalle 3 alle 8 serie. Aggiungendo che se le ripetizioni non possono essere completate per fatica (fosse la fatica il problema) il partner d’allenamento avrebbe dovuto aiutare il compagno per completare le ripetizioni in eccedenza.
Ho trovato decise critiche a queste metodiche (definite assurde o irrealizzabili) in articoli di due giganti dell’allenamento della forza come Petr Poletsaev e Boris Sheyko. Non è difficile trovarsi d’accordo con questi ultimi. Trovo che sia materiale praticamente improponibile, e neppure l’arrampicarsi sugli specchi degli appassionati di atletica che provano a sostenere come carichi più marcati siano necessari per bla, bla, bla, bla, mi può convincere della bontà di protocolli di questo tipo. O si considera il 90% del massimale, oppure questi modelli sono inutili e\o dannosi.

Jean Pierre Egger
Molto più interessante mi sembrano le metodiche presentate da Jean Pierre Egger in diverse lectures e articoli che facilmente potrete trovare. Allenatore del famoso Werner Gunthor e della fortissima Valerie Adams (lancio del peso) ha proposto una serie di metodologie ricche di spunti interessanti, per quanto non prive di qualche punto interlocutorio.

Partendo dalle intensità più basse, sono molto interessanti metodi quali il Méthode 3 – 7;
Utilizzate un carico pari al 75% 1RM.
Eseguite la prima serie da 3 ripetizioni. Riposate 10 secondi e di seguito la seconda serie da 4 ripetizioni, poi ancora 10 secondi e quella da 5 ripetizioni, e così via, fino all’ultima da 7 ripetizioni.
75% 3, recupero 10 secondi, 75% 4, recupero 10 secondi, 75% 5, recupero 10 secondi, 75% 6, recupero 10 secondi, 75% 7 serie finale.
Sono 25 ripetizioni in 2 minuti e mezzo. Grande densità di lavoro. Grande stimolo a livello muscolare. Ho il sospetto che fibre molto sveglie non arrivino ad una serie da 7 al 75% dopo tutto quel condensato di lavoro. Però resta l’idea, buona in sè.
La versione originale, redatta da un professore Francese, diceva di fare questo metodo con l’80% e recuperi di 5 secondi.
Come sempre chi ha troppa teoria non ha pratica e non ha risultati. Infatti coach Egger ha calato del 5% il carico di utilizzo e aumentato di 5 secondi il recupero. Già il 75% ci sembra al limite.
Ironia della sorte, un sito di Crossfit francese proponeva una versione da loro adattata ancora più pratica e probabilmente più vincente in cui si iniziava questo lavoro con carichi ancora più bassi.
Per soggetti molto efficenti potrebbe essere sensato aumentare a 15 secondi il recupero tra le serie. Chi fa squat e panca di qualità, ha bisogno di tempo per l’incastro. Tanto per fare un esempio.

All’aumentare dei carichi, Egger propone altre metodiche:
– Volume Classico 80% 5 x 6-8 serie
Contrasto
. Caricate il bilancere con il 90% 1RM facendo un eccentrica lenta. Nella parte bassa dell’alzata, due partner scaricheranno il bilancere fino al 50 o 60% 1RM e l’atleta dovrà effettuare una concentrica esplosiva.

– Piramidale dall’80 al 90% da 5 a 1 ripetizione.
Infine la versione ondulatoria del Méthode 3 – 7 ideata originariamente dallo stesso professore francese, che è dotato di ottima fantasia però di scarso manico. Infatti l’idea del programma è ottimo, mentre le % sono quasi peggio di quelle di Verchoshansky;
3 x 90% recupero da 4 a 7 minuti;

2 x 92,5% recupero da 4 a 7 minuti;

1 x 90% recupero 4 minuti;

7 x 80% recupero 4 minuti;

6 x 82,5% recupero 4 minuti;

5 x 80% recupero 4 minuti.

L’intento è chiaramente quello di stimolare potentemente il SNC ed andare a stimolare le fibre ad alta soglia. Modulando con un po’ di testa le % di carico, si possono trarre ottimi spunti.
Un’altra possibile strada è questa a seguire. Ad ogni allenamento si incrementa una serie con il dato carico, quasi limite. Anche qui, buona l’idea, carichi esagerati. Per un atleta di forza di livello anche solamente medio, il 95% è un’alzata che in alcuni giorni è uguale o superiore al massimale.
Carichi impostati con un’idea vecchia di allenamento della forza, dove ancora una volta il COME non è un fattore. La qualità cinematica del gesto, non è assolutamente presa in considerazione.
L’idea di una tecnica cristallina, al di fuori della pesistica olimpica, tutt’ora è una idea nuovissima. Anche se sta diventando parte integrante del bagaglio di conoscenze innate di tutti.

95% 1 x 1 serie,  95% 1 x 2 serie, 95% 1 x 3 serie,  95% 1 x 4 serie.

Di buono c’è che queste metodiche sono state applicate, modificate e utilizzate sul campo, da un allenatore vincente che ha seguito atleti di altissimo livello. Sono sicuramente migliorabili e hanno, a mio parere, bisogno di un incontro con la modernità. Tuttavia conservano particolari molto interessanti, che meritano di essere conosciuti.

 

MSLS
Un cenno brevissimo al metodo della serie lenta a scalare, o allenamento della forza a bassa velocità dell’amico e professor Alberti Giampietro.
Il protocollo è molto interessante, sopratutto perché funziona!
Si basa essenzialmente sull’utilizzo di un carico vicino al 50% del massimale, da gestire in ripetizioni da 5 secondi in eccentrica e 5 secondi in concentrica. Nell’evoluzione del metodo, si scala (senza sosta) il peso fino ad raggiungimento dell’esaurimento muscolare completo.
Sono stati riscontrati vantaggi in atleti d’élite dell’atletica leggera in termini di esplosività, miglioramento della forza, antalgia e miglioramento della massa magra.
Nell’opera, che consiglio (la trovate facilmente su Amazon), si danno motivazioni di carattere biologico legati all’occlusione del sangue ed a una conseguente maggiore capacità di reclutamento delle fibre ad alta soglia. Non avendo le competenze per trattare di fisiologia a questi livelli, mi limito a dire che a mio parare, grande importanza sta nel fatto che gli atleti in questione, rallentando i tempi delle alzate, hanno abbattuto i compensi (rimbalzi, torsioni, asimmetrie) che tipicamente li affliggevano. Il mito dell’allenamento della forza è spesso accompagnato dall’uso di carichi troppo alti, rispetto a quanto la tecnica del soggetto sia in grado di sopportare. Una miglioramento tecnico, lo sappiamo bene, dà immediatamente un incremento delle prestazioni e della forza REALE, che non sempre corrisponde al peso caricato sul bilancere.

Artunjunjan
Entrando, però per il momento, solo con la punta del piede, nel più cristallino mondo della pesistica, abbiamo S.M. Artunjunjan. Negli anni 60, costui notò come alzate singole con carichi del 90 o 95% per dalle 4 alle 6 serie fossero l’ideale per sviluppare una dinamica ottimale nello strappo olimpico.

Melkonjan
Melkonjan studiò l’uso del 80% del carico massimale, in particolare nello strappo olimpico. Notò come la perfetta cinematica del gesto iniziava a regredire dopo le 3 serie. Al contrario Poletsaev notò come la perfezione del gesto si aveva attorno al 85% massimo 90 con 4 serie da 2 ripetizioni. In taluni casi, atleti riuscivano a mantenere un gesto perfetto fino alla 7a serie.

Rodionov
Facendola molto breve, ricordiamo come Rodionov nel 1976, a seguito di esperimenti sul numero massimale di ripetizioni (RM) possibili nello Strappo Olimpico, in base alla velocità e altezza della seconda tirata, determinò come il numero ottimale delle ripetizioni fosse esattamente la metà di quelle fattibili.

N. ottimale ripetizioni = 50% RM.

Per questo buona parte della scuola sovietica, che tanto ci interessa nella strutturazione di un buon programma di allenamento, è basata sull’utilizzo di numeri molto prossimi alla metà delle ripetizioni possibili.
Praticamente il contrario di quello che abbiamo visto fin ora, dove, anzi, l’atleta è spinto continuamente verso un incremento delle ripetizioni per un dato carico e verso un costante lavoro ad RM.
Sarà questo il motivo (domanda retorica) di tutti quei risultati contraddittori ed inconcludenti?

Non possiamo non considerare come, a fronte di tutto questo, la scuola Sovietica di pesistica olimpica abbia incentrato la sua storia e i suoi successi sull’uso dei carichi MEDI. La stragrande maggioranza del numero di ripetizioni del piano annuale di questi straordinari atleti era sviluppato tra il 71 e l’80 percento del massimale. Credo, senza indugio, che tutto quello che avete letto fin ora vada rivisto alla luce di questi dati.

Trovi qui la PARTE DUE.