I pesi nella preparazione atletica – parte seconda

 

L’articolo precedente di questa serie su pesi e preparazione atletica ha animato parecchio la discussione ed è rimbalzato qua e là negli ambienti di settore.

link: https://www.accademiaitalianaforza.it/pesi-nella-preparazione-atletica/

Fondamentalmente abbiamo sondato l’idea di come un certo timore nell’uso dei sovraccarichi durante le preparazioni degli atleti sia in un certo senso giustificabile dall’irragionevolezza dei metodi utilizzati.

Giustificabile dal fatto che manca nella maggioranza dei casi una condizione tecnica minima sufficiente per trarre beneficio dai pesi e allontanare le problematiche che questi possono provocare. Perché sfatiamo un mito del nostro ambiente: i pesi non fanno solo bene (anzi) e i sovraccarichi non hanno solo effetti benefici sulla presatazione!

Timore giustificabile da una non cura del ‘come’ ma solo del ‘quanto’ e da una scelta poco saggia delle programmazioni e degli esercizi stessi.

Quindi in pratica alcuni preferiscono  non usare o sconsigliare i sovraccarichi, mentre altri troppo spesso li usano in malo modo andando a fortificare (giustamente) le convinzioni dei primi.

Se non lo avete ancora fatto vi invito ad andare a leggere l’articolo in questione prima di procedere con questo.

Cosa ricercare dall’allenamento coi pesi

Anche se per molti di voi che state leggendo la risposta può sembrare ovvia, nella preparazione atletica anche di alto livello spesso non è cosi. I pesi vengono ancora oggi troppo spesso inconsciamente associati al “bodybuilding” e si fa molta confusione con gli obiettivi da ricercare.

Per un atleta di sport generico l’allenamento coi sovraccarichi deve in primo luogo conferirgli capacità di generare livelli di tensione muscolare maggiori (forza) e capacità coordinative. Due aspetti  fortemente collegati.

L’ipertrofia è solo una delle conseguenze o meglio delle strategie che adotta il nostro corpo per affrontare gli stimoli dati e riuscire a generare più forza.

Ne deduciamo che la tipologia di allenamento coi sovraccarichi scelta non dipende dallo sport praticato, essendo gli obiettivi ricercati di carattere generale. Quello che invece cambia tra atleti di diverse discipline è la quantità di forza richiesta o consigliata. In base a questo parametro decideremo se passare più o meno tempo in palestra. Fermo restando che maggiori livelli di forza rispetto a quelli utili non sono svantaggiosi , esagerare nell’allenamento della forza quando lo sport non lo richiede potrebbe portare ad uno spreco di tempo , da investire in skills più importanti.

Morale: pesi per maggiore controllo motorio, coordinazione e capacità di generare forza.

 

Angoli specifici o angoli aspecifici

Molti hanno intuito l’importanza per l’atleta di saper generare più forza ma non cosi tanti hanno capito la problematica dell’allenamento della forza su un angolo specifico, ovviamente ricalcando quelli che sono i gesti motori del proprio sport. ad esempio un pallavolista che cerca di migliorare la forza negli angoli articolari usati nel salto tramite i sovraccarichi. Ma potrei fare anche altri esempi su lanciatori, velocisti ecc ecc.

Le problematiche che scaturiscono dall’allenare il gesto “di gara” con sovraccarichi sono svariate. Principalmente noteremo:

  • Timing del gesto completamente snaturato con possibili problemi nel ritrovarlo.
  • Utilizzo errato dei sovraccarichi, cioè usati in un movimento che non li prevede o ne prevede in quantità minima e prestabilita. Esempio un salto non prevede sovraccarico e se alleniamo il salto con sovraccarichi andiamo ad utilizzarli malamente con possibili problemi fisici e un reclutamento / stimolo / livello di tensione muscolare generata sicuramente inferiore rispetto ad usare il sovraccarico in un movimento corretto.

Un allenamento su angoli generici ottimali invece porterà a massimizzare lo stimolo allenante in sicurezza, portando l’atleta a raggiungere gli obiettivi visti nel punto precedente avendo cosi un transfert su qualsivoglia gesto da lui compiuto (a seguito ovviamente di allenamento specifico, per il proprio sport)

 

Morale: allenamenti su angoli corretti per i sovraccarichi e ricerca di transfert generale su altri gesti.

Quali esercizi utilizzare? E perché.

Arrivati a questo punto la domanda che sorge spontanea è quali esercizi utilizzare, e soprattutto perché. Nella lista delle possibilità ce ne sono moltissimi, come andare quindi a scremare e capire su cosa concentrarsi  ed investire il proprio tempo?

Escludiamo a priori gli esercizi MONOARTICOLARI.  Cioè quelli che coinvolgono una sola articolazione nell’esecuzione.

La ragione è semplice e basta rileggere il primo punto per capirla. Non sono ottimali per garantire un aumento della capacità di generare forza e di un miglioramento del controllo motorio / reclutamento.

 

Tra gli esercizi MULTIARTICOLARI ne troveremo di più complessi e di meno complessi.  Alcuni più codificati e studiati, altri meno. Alcuni usati nell’agonismo diretto altri no.

 

Ovviamente la scelta dovrebbe ricadere su esercizi più codificati e studiati, per il semplice fatto che possiamo imparare  meglio un esecuzione ottimale che massimizza i risultati. Alla stessa maniera se un esercizio è usato direttamente a livello agonistico sarà più facile capire quel’è la metodica ottimale per trarne risultati. Ad esempio un rematore con bilanciere ha sicuramente meno codifica e meno ricerca rispetto ad uno stacco da terra. Per il semplice fatto che ci sono competizioni di stacco da terra e non di rematore, quindi nel primo caso le teorie e le metodiche di esecuzione sono svariate e centrare il bersaglio ottenendo il massimo da questo esercizio è meno semplice rispetto ad uno stacco da terra. Più codificato, studiato ed utilizzato da atleti che si sfidano in gare di forza su codesto esercizio.

Rimangono in lista quindi principalmente solo le powerlift e i sollevamenti olimpionici.

A livello di complessità del gesto i sollevamenti olimpionici (weight lifting) sono sicuramente ad un livello ben più alto. Anche l’utilità e la capacità di avere transfer da questi è sicuramente più alta, in un contesto ideale e spesso però utopistico.

Vi spiego, questa complessità dei sollevamenti olimpionici e questo “enter level “ molto alto fanno si che solo in determinate condizioni si possano sfruttare a pieno.

Se non si è sufficientemente giovani, mobili e non si investe molto  tempo nell’allenarli correttamente, con strutture idonee ed un allenatore competente, semplicemente non si arriva al livello minimo tecnico per poterli sfruttare.

E questo è il caso del 99% di chi fa preparazione atletica. Forse il 99,9 %.

In questo contesto uno squat, una panca piana ed uno stacco da terra risultano sufficientemente semplici da essere imparati in condizioni non ottimali, cosi da raggiungere gli obiettivi a cui miriamo.

In futuro ci potranno essere altri esercizi ottimali, potranno essere fatti nuovi studi, ricerche e nascere nuovi sport. Ma al momento dobbiamo attenerci al meglio in circolazione.

 

Morale: esercizi troppo semplici o troppo poco studiati/codificati sono da escludere. Troppo poco stimolo o incertezza delle modalità. Gesti ottimali ma molto complessi sono da valutare caso per caso, in maniera lucida e razionale. Spesso i movimenti del powerlifting risultano il compromesso ottimale .

 

Programmazione, dalla teoria alla pratica. Problematiche quasi mai tenute in considerazione.

Ammettendo che gli esercizi scelti siano quelli giusti, ci sono però spesso problematiche non tenute in considerazione che vanno a privare l’atleta di risultati.

Ragionando solo in maniera teoria ideale noteremo come per allenare la forza sia necessario utilizzare carichi alti e su poche o pochissime ripetizioni. Dare un groso stimolo portando la serie vicino al limite in quanto a ripetizioni fatte e ripetizioni possibili.  Questo è sostanzialmente vero in un contesto ideale in laboratorio ma non tiene conto dei problemi MOTORI che generalmente le persone hanno  nell’eseguire i pesi. O che si creano eseguendoli sempre in tale modalità.. Problemi motori che portano ad un pessimo reclutamento e quindi stimolo e livelli di tensione generati molto bassi. Utilizzando poche ripetizioni ed alti carichi (alti in relazione alla capacità dell’esecutore) , poco bufferati, non permette di andare a COLMARE questi problemi motori (il gap motorio, articolo precedente) facendo stallare i risultati se non infortunare, rallentare, “legare” l’atleta.

Un approccio più SENSATO prevede invece di suddividere l’allenamento in fasi partendo sempre da una COSTRUZIONE del movimento. In modo tale da risolvere i problemi motori che limitano la generazione di forza.

Quindi  allenamenti a basse % di carico, ad alte ripetizioni,  tempi rallentati e/o con determinate ISOMETRIE nei punti critici , anche se non vanno direttamente a lavorare su forza e potenza in pratica vi metteranno nella condizione ottimale per poi poterlo fare. Colmando debolezze specifiche anche muscolari (ipertrofia specifica).  Insegnando a muovervi sotto un sovraccarico e forzando il vostro sistema nervoso centrale  ad usare i muscoli nella maniera ottimale. Già cosi nella maggioranza  dei casi si ottiene un miglioramento della forza massimale senza andare  a % alte di carico.

Ed è quello che manca in praticamente tutte le preparazioni fisiche.

Morale:  La scienza studia casi ideali o esercizi troppo poco complessi per poter essere usati come riferimento. Nella pratica ci sono problematiche non tenute in considerazione che vanno a limitare notevolmente la capacità di generare forza e se non curate portano allo stallo, al peggioramento di altre caratteristiche o talvolta all’infortunio.

 

Prossimamente:

lo squat nella preparazione atletica.

Mezzo squat , squat sotto il parallelo e full squat. Perché solo uno di questi risulta ottimale.

L’importanza spesso fuorviante della verticalità. Che diventa invece un ostacolo ai progressi in molti casi.

La panca piana, per la forza della parte superiore del corpo ma anche per la stabilità e salute delle spalle.

Utilità degli esercizi con elastici per gli extrarotatori oppure semplice cerotto sui problemi.