A cura di Gabriele Stefanelli.

 

Panca Piana

 

Eccoci arrivati alla seconda parte di questa miniguida per panchisti raw.

Nella PARTE UNO abbiamo messo sul piatto una moltitudine di informazioni, adesso è il momento di metterle in pratica.
Qui di seguito elencherò una serie di tips, che a cavallo tra del lavoro di mobilità, pre-attivazione e programmazione, potranno essere utili per ottimizzare al meglio il gesto del Bench Press.

La prima cosa necessaria da fare, e questo lo premetto sempre, senza voler fare il “posturologo” della domenica, è un’analisi dell’equilibrio e delle tensioni tra muscoli agonisti ed antagonisti del torace.
Sia su noi stessi che, nel caso, sul soggetto su cui andremo a lavorare.

In persone con evidente atteggiamento cifotico e di conseguenza gran dorsale e pettorale tendenzialmente rigidi ed accorciati, con al contrario extrarotatori dell’omero e adduttori delle scapole, quali deltoide posteriore e romboidei deboli ed ipotonici, avremo un grosso problema già in partenza.
Sarà infatti impossibile, se prima non si ristabilisce un equilibrio in tal senso, sviluppare correttamente molti dei punti di cui ho parlato in precedenza.
Questo a causa di evidenti rigidità muscolari e blocchi articolari connessi.

Ragion per cui se da questi semplicissimi test di mobilità per gran dorsale e pettorale il risultato sarà questo:

 

Stretching Bench Press

Stretching Bench Press

 

Stretching Bench Press

piuttosto che questo:

immagine 4
immagine 5

Bench Press Stretching

 

Beh, prima di mettersi a spancare come dei pazzi dovremo rimettere le cose a posto!

Stretching per pettorali, dorsali ed intrarotatori in genere

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Bench Press Stretching

e lavoro muscolare per gli adduttori delle scapole a bilanciare

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

In un paio di settimane, con tre sedute per week, si possono fare miracoli. Provare per credere.

Fatto questo possiamo avvicinarci alla nostra amata panca piana.
Ma ancora – so che mi odierete a questo punto – è presto per meritarsi il bilanciere.
Infatti dopo un lavoro di mobilità statica, quando e se necessario, è fondamentale passare ad un lavoro di mobilità dinamica per la zona del torace.

Questo servirà a togliere rigidità residue a livello muscolare e al contempo a sviluppare un’iniziale quanto primitiva propriocezione a livello delle scapole.
Si parte con un pullover su foam roller, al fine di sbloccare più possibile la zona toracica, stirando ulteriormente dentato, gran dorsale e rotondo

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Si va poi ad afferrare un elastico dalla medio-bassa tensione per andare ad eseguire delle dislocazioni delle spalle sul piano frontale dall’alto verso il basso, concentrandosi bene sul sentire un corretto ritmo scapolo-omerale.

Questo servirà a sviluppare una corretta percezione della rotazione che le scapole fanno seguendo l’omero in salita ed in discesa. Gomiti rigorosamente tesi e concentratevi sul “sentire” le scapole sopra ogni altra cosa

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Sviluppare sensibilità in quella zona sarà una delle chiavi di volta per il lavoro che andremo ad impostare in seguito.

In questa fase eviterei, a meno che su soggetti estremamente mobili a livello del rachide dorsale, esercitazioni quali ponti, lay back e simili.
Questo non perché non servano al panchista per migliorare, tutt’altro, ma semplicemente per il fatto che chi avrà rigidità a livello dei muscoli del tronco, finirà inesorabilmente per cercare compensi a livello lombare per eseguirli.

Non tirandoci così fuori nulla, se non dei potenziali fastidi alla schiena.
Lasciamo adesso elastico e foam roller alle signore che fanno pilates e afferriamo un bastone.
Ritengo l’esercizio che andremo a vedere adesso didatticamente una chiave di volta nell’apprendimento di una buona panca. Per cui antenne dritte, mi raccomando.

Afferrando il bastone con una presa analoga a quella che usiamo con il bilanciere, lo porteremo di fronte a noi, all’incirca all’altezza della linea bassa dei capezzoli.
Da qui prenderemo aria nella pancia e con un movimento simile ad una sgassata su una moto da cross, andremo ad addurre e deprimere le scapole utilizzando con decisione il gran dorsale.

 

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Una volta in posizione, la terremo qualche secondo, quasi a sentire il gran dorsale ben serrato, per poi ripetere il movimento 10-15 volte. Fatelo davanti ad uno specchio e se avete asimmentrie cercate di limarle più possibile.
Una volta che vi sarete “raddrizzati”, chiudete gli occhi e cercate di mantenere il set up corretto senza bisogno di vedervi riflessi sulla parete.

Eseguire il movimento anche con una fase attiva di distensione può essere molto utile per chi ha scoliosi o scompensi importanti nel tronco, che rendono poi molto difficile sviluppare una buona omogeneità di spinta.
Cercate di percepire,anche con un carico nullo quale quello del bastone, i gomiti che stanno sotto come se fossero guidati.

Il bastone ha il vantaggio, data l’assenza di carico, di permettere al nostro corpo di fare proprio un movimento in apparenza innaturale come l’adduzione e depressione scapolare, senza sviluppare compensi dovuti al peso e alla fatica che ne consegue. Ma al contempo è evidente che sviluppare una capacità motoria su un piano di lavoro diverso ed in assenza di carico, sebbene un inizio, non sia assolutamente sufficente.

Starà qui a voi o al vostro coach capire se c’è bisogno di passare ad un lavoro di rinforzo dinamico e sotto carico. Questo eseguendo due esercizi eccezionali quanto sottovalutati.

Le scrollate alla sbarra.

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

e le loro sorelle al rack con il bilanciere

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Questi due esercizi, grazie al carico del vostro corpo, renderanno i muscoli coinvolti nel movimento forti ed in grado di non collassare, quando messi in tensione nell’esecuzione del pattern in oggetto.

Finalmente adesso possiamo sdraiarci sulla nostra amata panca piana.
Qui non c’è persona a cui io non faccia eseguire una sorta di pre-attivazione, che altro non è che un mix dei due esercizi precedenti.
Il soggetto si posiziona, se possibile, con le gambe in scarico o addirittura distese e stacca il bilanciere con un peso che è circa il 60-70% dell’1RM.

A questo punto,dopo aver settato bene polsi e scapole, va ad inspirare e contemporaneamente ad addurre e deprimere, cercando di alzare più possibile il petto verso la sbarra.
La contrazione statica che si andrà a creare viene mantenuta almeno 10 secondi per 5-6 volte.

 

Bench Press Stretching

Bench Press Stretching

 

Utilissimo, a livello sensoriale, che il coach a questo punto vada a mettere le mani nei pressi dell’inserzione bassa del gran dorsale del soggetto. Questo per verificare la corretta tensione della zona e permettere alla persona di sviluppare una corretta percezione di quell’area durante il gesto.

Credetemi. Ho visto persone, che letteralmente si chiudevano a riccio sotto al bilanciere, imparare in poco tempo a stare chest up con questa variante. Credo che la spiegazione di ciò sia che le contrazioni statiche in certi casi, scorporando un movimento dall’interno, rendano più semplice l’apprendimento motorio di determinati gesti complessi, attraverso un’inibizione dei meccanismi di protezione del nostro corpo.

Penso infatti che il più grande errore che si possa fare dinanzi ad un gesto tecnico corrotto sia quello di mettere ancora di più un soggetto in difficoltà e proprio magari in quel determinato punto dell’alzata. Perché se alziamo mura più alte, il nostro corpo cercherà scappatoie e non di certo soluzioni.

Passiamo adesso alla prima variante dell’esercizio stesso.
Variante che dà veramente grandi risultati, se si è seguito tutto il Filo di Arianna che ci ha portati fino a qui. Si tratta di eseguire delle normali distensioni su panca, all’interno di un rack o comunque di una struttura provvista di fermi di sicurezza laterali.

La prima volta che il soggetto le eseguirà, imposteremo i fermi ad un’altezza per cui egli riuscirà con fatica, pur alzando il petto al massimo, a non farci poggiare sopra il bilanciere. Gli faremo fare 3-4 secondi di fermo al petto in questa posizione per 4-5 ripetizioni e per altrettanti set.
Negli allenamenti successivi lo scopo non sarà quello di creare un sovraccarico, ma semplicemente di riuscire via via ad alzare i fermi, senza che al momento del contatto con il petto il bilanciere vada a toccarli.

Un’altra variante molto interessante, ma un pò più impegnativa, consiste nell’eseguire un doppio fermo in discesa. Il primo a circa 2cm dal petto ed il secondo quando la persona, su preciso input esterno, va poi a cercare e toccare il bilanciere, rimasto nel frattempo nella stessa posizione.
Fermi di circa 3 secondi, carichi bassi intorno al 50% e massimo rigore esecutivo.
Deve essere il petto a salire e non il bilanciere a scendere, prima che si vada ad effettuare la distensione.

 

Bench Press

 

In queste esercitazioni mettete da parte l’ego per quando servirà davvero.
Su atleti particolarmente “recidivi” può dare ottimi feedback utilizzare degli elastici in deloading.
In questo caso proprio per rendere più leggero il bilanciere man mano che si avvicina alla cassa toracica ed evitare al SNC della persona feedback troppo destabilizzanti da parte del carico e della fatica muscolare che ne consegue.

Adesso, svolti tutti i compiti a casa, dovremmo avere un soggetto che padroneggia alla perfezione il proprio torace sotto al bilanciere.
Cosa possiamo fare per migliorare ulteriormente, specie in ottica agonistica, il nostro set up?

Molto semplicemente ora e SOLTANTO ORA si potrà andare a lavorare sul potenziare la mobilità del rachide a livello lombare. Questo perché essendo il soggetto a questo punto già in spinta con il torace, dovremo guadagnare qualche ulteriore cm di perpendicolarità dei fasci del pettorale rispetto alla panca. La conseguente migliore attivazione di questi ultimi, assieme alla riduzione del ROM in concentrica, sarà fondamentale in ottica prestazionale.

Ben vengano a questo punto i vari ponti, lay back o addirittura l’utilizzo di spessori sotto la bassa schiena durante l’esecuzione di qualche serie leggera, se servono allo scopo.
Trovate la soluzione più adatta a voi, quella in cui non sentite dolori strani o tensioni eccessive sul rachide e lavorateci. Oramai tanto il grosso del lavoro è stato fatto.

Buona panca a tutti!

 

 

 

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