A cura di Nicola Marini.

 

 

 

 

 

Sento spesso parlare di tutti quei muscoli che sarebbero fondamentali nel powerlifting, quasi sempre la recita inizia con: tricipiti, deltoidi, pettorali… (elenco di praticamente tutti i muscoli della schiena)  e termina con: femorali, quadricipiti.

 

Personalmente vi confesso che questi elenchi che si leggono un pò in qualsiasi blog o sito che tratti la tematica dello “strength training”, mi son sempre rimasti leggermente incastrati in gola.

Non che l’argomento sia poco interessante, anzi, a mio avviso il fatto di perdere il contatto intellettuale con il motore primario dell’apparato locomotore, cioè i muscoli, è un rischio più che mai concreto nella filosofia allenante moderna.

Forse “i muscoli” risultano essere un boccone già troppo masticato per catturare l’attenzione dei più… Ma io sono convintissimo ci sia ancora qualcosa da dire.
Lo scopo di questo articolo non è quello di raccontarvi cose che sapete già, non mi interessa parlare di quali gruppi muscolari vengano coinvolti nelle varie alzate, quali tra questi siano i più importanti e come allenarli nel modo più figo possibile.

Oggi cercheremo di fare un passo in più.
Penso che tutti concorderemo nel dire che quanto più un’alzata è dinamicamente efficace, tanti più kg un ipotetico atleta sarà in grado di spostare.

 

Ogni qual volta parliamo di “alzata efficace” indichiamo un movimento con caratteristiche ben precise che potremmo riassumere in:

1. Posizionamento antropometricamente vantaggioso dell’atleta rispetto al bilanciere.

2. Corretto grado di rilassatezza/compattezza nei vari distretti muscolari.

3. Acquisizione del corretto ritmo (timing) in eccentrica e concentrica.

 

Sembra esserci tutto ma è davvero sufficiente?

Da ciò che ho potuto notare io, non sempre.
Esistono infatti persone che anche con questi 3 presupposti ben inquadrati non riescono a mantenere la posizione ideale attraverso cui spingere; se dovessimo quindi aggiungere un punto a questa scaletta, potrebbe essere:

 

4. Capacità di mantenere la posizione più efficace durante l’alzata.

 

Per capire meglio cosa succede nel momento in cui ciò non avviene dobbiamo parlare di una serie di muscoli, spesso non menzionati negli elenchi citati inizialmente che rendono possibile il mantenimento di questa “posizione ideale” del corpo dell’atleta rispetto al bilanciere.

 

GASTROCNEMIO

 

 

 

 

 

 

La funzione principale del gastrocnemio è quella di permettere al piede di effettuare una flessione plantare. Questo però accade quando il piede ha disponibilità nel flettersi plantarmente, cosa non verosimile durante le alzate di gara.

Considerando il fatto che i due gemelli originano rispettivamente, il mediale dal condilo mediale del femore ed il laterale dal condilo laterale del femore per poi unirsi in un unico tendine (il famoso tendine d’Achille, il quale raccoglie anche il tendine del Soleo) che si inserziona posteriormente sul calcagno (tuberosità calcaneare), possiamo intuire che quando il gastrocnemio prende come punto fisso la sua zona di inserzione, contribuisce nell’azione di flettere la gamba.

Chiaramente, l’obbiettivo in tutte e 2 le alzate mentre stiamo spingendo, è quello di estendere il ginocchio, non di fletterlo, ma è proprio in questa fase che il Tricipite della Sura risulta importante.

Immaginate uno stacco da terra, nel momento in cui iniziamo a spingere con i piedi contro il terreno è molto importante che qualcosa stabilizzi il grado di flessione del ginocchio nella fase di partenza, altrimenti le ginocchia cominceranno ad estendersi prima del dovuto e la spinta non arriverà efficacemente al suolo.

Nello squat svolge esattamente lo stesso tipo di lavoro di stabilizzazione nella primissima fase di inversione del movimento dalla buca.

Insomma, se volete assicurarvi quanto meno sul piano puramente meccanico una “messa a terra” ottimale della forza derivante dalle vostre cosce, dovete avere dei polpacci forti ed attivi.

 

 

 

 

GLUTEI E TFL

 

 

 

 

 

 

I glutei, assieme al tensore della fascia lata (o bandeletta ileotibiale) sono 2 tra i più importanti stabilizzatori del bacino; molto banalmente non credo di aver mai visto nel Powerlifting atleti veramente forti senza uno sviluppo muscolare dei glutei davvero importante.

Non mi soffermerò sull’analizzare il compartimento del gluteo nel suo ruolo principale di estensore, che do per scontato, ritengo invece più utile ragionare su tutti gli altri motivi per cui questi muscoli risultano di fondamentale importanza durante le alzate.

L’osso iliaco, superficie da cui originano i glutei, per la sua particolare conformazione ha una capacità stupefacente di ridistribuire in basso le forze discendenti, ed in alto quelle ascendenti.
Questo però risulta possibile in maniera ottimale solo quando il bacino è orientato in modo corretto nello spazio, tale orientamento gli è conferito da tutte le strutture muscolari che lo circondano e lo stabilizzano, tra queste i glutei rappresentano la porzione più significativa.

Durante uno squat od uno stacco infatti questo gruppo muscolare non lavora quasi mai estendendo attivamente l’anca, se non nelle porzioni finali delle rispettive fasi concentriche, per la maggior parte del ROM invece agisce come stabilizzatore, ovvero mantiene il bacino orientato nella posizione ideale per cui, in uno squat, la spinta proveniente dai quadricipiti possa arrivare efficacemente in alto contro il bilanciere.

Per quanto riguarda lo stacco il discorso è analogo; se i glutei sono attivi durante l’alzata riusciremo a guidare il movimento con le gambe e ad estendere il bacino al momento giusto, altrimenti appena inizieremo a spingere sentiremo l’inspiegabile esigenza di appoggiarci completamente alla schiena.

In uno squat ben impostato il campanello d’allarme di glutei deboli è uno sticking point nella parte finale della concentrica quasi sempre associato ad un più o meno marcato crollo delle ginocchia verso l’interno.

 

 

 

 

 

 

 ADDOME

 

 

 

 

 

Il potenziamento di quello che viene chiamato core è sempre stato uno dei miei pallini.
Mediamente noto però che non è una pratica largamente diffusa in Italia, e ancora non ho ben capito perchè, forse il motivo è da ricercare in una non molto diretta corrispondenza sul piano teorico tra core forte/alzate forti.

Per dirla in altro modo…

Perchè dovremmo occuparci di potenziare la muscolatura del core?

E’ indiscutibile il fatto che non venga utilizzata direttamente, ma se poco fa abbiamo parlato di glutei come stabilizzatori del bacino, beh ora trattando questo argomento concludiamo il discorso.

Tutti i muscoli addominali: obliquo esterno, retto addominale, obliquo interno, e trasverso prendono rapporti diretti con il bacino, delimitando tutto il perimetro superiore del pube e della cresta iliaca.

Non solo, mettono in rapporto il bacino con i distretti ossei superiori: sterno, coste e cartilagini costali.
Ciò significa che un core ben allenato contribuisce in maniera importante non solo al mantenimento della posizione del bacino nello spazio, ma anche a stabilizzare le curve fisiologiche della colonna da L5 fino ad almeno T5-T6.

Mediamente i ragazzi che alleno, hanno tutti nel programma del lavoro più o meno diretto per questi muscoli, i risultati sono stati assolutamente incoraggianti, nello stacco e nello squat la sensazione che compare più in fretta ed in modo più incisivo è che gli stessi carichi impattino meno sul sistema, vengono cioè percepiti come meno pericolosi, hai la sensazione di dover impiegare meno energie per conservare la posizione che tu vuoi tenere sotto carico, senza contare che molte lombalgie saltuarie sono sparite definitivamente.

 

 

 

 

COME ALLENARLI?

 

 

 

 

 

Trovo doveroso spendere due parole riguardo al come gestire in modo sensato l’allenamento di questi muscoli.
Può sembrare una banalità se ci limitiamo ad osservare la questione da un punto di vista prettamente di stimolazione muscolare, in tal senso ci sarà sufficiente aprire il web e cercare qualche esercizio più o meno specifico per risolvere il problema.

Il punto è che così facendo andremo molto poco lontano, per integrare questi muscoli in modo ottimale nelle nostre alzate infatti, è indispensabile fare un percorso che a mio avviso si può dividere in 3 step :

 

1) Far scoprire al nostro corpo l’esistenza di questi muscoli

2) Potenziamento diretto

3) Integrare l’utilizzo di questi muscoli in esercizi via via sempre più complessi ed aspecifici

 

– Nella prima fase consiglio di scegliere movimenti dal ROM breve, molto specifici, poco dispendiosi a livello energetico, quasi come dovessimo fare un lavoro di pre-attivazione sulle strutture interessate

– Nel potenziamento diretto utilizzeremo esercizi più complessi.
In questa fase mi piace lavorare i muscoli interessati nello stesso modo in cui voglio coinvolgerli nelle alzate, ad esempio, se mi interessa potenziare i polpacci, e so che questi lavorano nello stacco prevalentemente in isometria, in questa fase cercherò di inserire soprattutto lavoro isometrico

– L’ultima fase è quella che preferisco in assoluto perchè lascia spazio alla fantasia ma richiede intuizione e una buona dose di competenza da parte dell’allenatore.
Attenzione però, è anche quella che se gestita in modo troppo superficiale conduce ad un elevato rischio di infortuni.

 

 

 

 

Nell’ultimo punto io amo sperimentare delle varianti delle alzate di gara che portino enfasi sul gruppo muscolare precedentemente lavorato, per esempio uno squat estremamente spostato sull’anca per enfatizzare l’utilizzo dei glutei.

Il punto è che bisogna avere ben chiare le misure preventive da adottare per evitare sovraccarichi di lavoro su una singola articolazione, è consigliabile conoscere molto bene le problematiche del soggetto coinvolto, ed infine non sarebbe male anche avere chiari in mente i “punti deboli” di ogni articolazione che viene coinvolta nel movimento.

Nel caso in cui non possiate avere certezze sulla sicurezza di una variante, esistono una moltitudine di esercizi multiarticolari già codificati più o meno vicini alle vostre esigenze.