a cura di Fabio Prescimone

Nella prima parte dell’articolo (link qui) abbiamo visto in cosa consista il principio dell’autoregolazione del volume e dell’intensità dell’allenamento con i sovraccarichi, e preso in considerazione due esempi pratici, abbastanza diversi tra di loro, di applicazione di tale principio.

Continuiamo adesso con altri esempi, ispirati al metodo del tecnico bulgaro Ivan Abadjev, coach della nazionale di sollevamento pesi con più medaglie olimpiche in rapporto alla popolazione totale del paese. Su Abdjev e il suo metodo molto è stato scritto, in inglese e in italiano (cito solo l’articolo di Alessio Ferlito sul suo blog Leviatano89’s Prudvangar), per cui non mi dilungherò molto, limitandomi a ricordarne i punti salienti:

  • altissima frequenza di allenamento (2-3 volte al giorno, 6-7 giorni a settimana);
  • tre soli esercizi (slancio, strappo e front squat);
  • ricerca costante del massimale.

Questo metodo ha suscitato parecchio scalpore, è stato (ed è tuttora) osannato o ferocemente criticato, ma sta di fatto che i paesi che, dopo la Bulgaria, l’hanno adottato (Grecia, Turchia e Iran) sono diventate di colpo protagoniste nella scena mondiale e olimpionica del weightlifting.

Molti tecnici e allenatori hanno provato ad applicare questo metodo al powerlifting, vediamo qualche esempio.

 

MASSIMALE DI SQUAT OGNI GIORNO – BY JOHN BROZ

John Broz è forse quello più conosciuto, grazie anche ad una serie di interviste e articoli diffusi su internet. Un articolo su di lui, dal titolo “Testa il tuo massimale di squat ogni giorno” è disponibile anche in italiano, sempre sul blog di Ferlito, per cui non entrerò nei dettagli. Per il powerlifting, suggerisce il seguente schema:

  1. squat, panca e qualche complementare per il dorso o i tricipiti;
  2. squat, stacchi da terra e qualche complementare.

Gli allenamenti A e B si alternano di giorno in giorno, iniziando con ALMENO quattro giorni a settimana, per arrivare a  sei quando l’atleta ha migliorato la sua capacità di lavoro.

Per squat e panca consiglia un ramping (prima a triple, poi a doppie e infine a singole) fino al massimale di giornata, dopo il quale fa eseguire qualche serie più leggera con 20-50kg in meno (il “ritorno” a cui si allude nel titolo). Se poi l’atleta si sente bene e i pesi salgono leggeri, si può provare un secondo ramping.

Per lo stacco da terra, invece, il lavoro si limita a doppie o triple con l’80% del massimale, molto dinamiche, stando ben lontani dall’eccessiva fatica.

Qualche perplessità

Si tratta ovviamente di un sistema molto estremo, difficilmente realizzabile da atleti non professionisti e – in tutta onestà – non credo sia neanche molto proficuo per il “sollevatore medio”, perché copia troppo pedissequamente il procedimento del sollevamento pesi, senza tenere in debito conto la differenza nella natura degli esercizi nelle due discipline.

Se infatti i movimenti del sollevamento pesi sono veloci per natura, anche con carichi massimali, quelli del powerlifting possono essere lenti, sofferti…in un parola, nelle powerlifts esiste il grinding, cioè la ripetizione “macinata”, con rallentamenti e vere e proprie battaglie tra l’uomo e la gravità:

http://www.youtube.com/watch?v=Iqo3kVPF0Y0&list=WLFAE9894A10E8BCB1

Il grinding, oltre a peggiorare la tecnica esecutiva, è molto stressante per il sistema nervoso e – se praticato con regolarità – può aumentare la probabilità di infortuni. Si capisce quindi come un sistema basato sulla ricerca quotidiana del massimale, se applicato con una mentalità estremista, possa rivelarsi controproducente.

Ci viene in aiuto la nozione di “massimale tecnico giornaliero”, ovvero del massimo carico che è possibile sollevare, in quel dato giorno, mantenendo una tecnica esecutiva corretta e una certa fluidità nel movimento. Se invece del massimale “O vittoria o morte” ci si limita al massimale tecnico, infatti, la musica cambia: in fondo, si tratta di imitare le alzate olimpiche, eseguendo quindi solo ripetizioni esplosive, fluide, e fermandosi quando iniziano ad evidenziarsi rallentamenti nella traiettoria del bilanciere.

Il seguente protocollo è molto simile, ma essendo improntato al massimale tecnico mi sembra molto più ragionevole.

 

RAMPING E BACK OFF – BY CHRISTIAN THIBAUDEAU

Ex weightlifter, canadese e allievo di Pierre Roy (allenatore della nazionale canadese di WL), Thibaudeau è uno degli autori più importanti del sito T-Nation, che chiunque si interessa di pesi ha molto probabilmente visitato, anche solo una volta, anche solo per non tornarci più.

Dopo aver seguito le orme di Poliquin nell’impostazione dei programmi “da bodybuilding”, un paio di anni fa ha cambiato decisamente impostazione, tornando (come ha affermato più volte) alle sue radici di pesista, tralasciando le indicazioni minuziose sul TUT e i tempi di recupero per concentrarsi sulla qualità di esecuzione delle ripetizioni (un Leitmotiv dell’autoregolazione).

Coerentemente con questa impostazione, quindi, le sue proposte più recenti si basano praticamente tutte su esercizi multiarticolari (in maggioranza alzate olimpiche, complete o parziali, come tirate dai blocchi) e sulla ricerca di un massimale tecnico, al quale segue un lavoro di back-off più leggero, il tutto con una densità di lavoro elevata, ottenuta tramite recuperi veramente brevi, nell’ordine della trentina di secondi o poco più, se non addirittura di clusters in cui si esegue una ripetizione, si recupera 5-10 secondi, un’altra ripetizione, per 5-6 volte di seguito.

È sua convinzione, infatti, che la densità, insieme all’alta intensità e all’esplosività esecutiva, è indispensabile per lo stimolo ipertrofico.

Tra le tante proposte, eccone una che lui stesso ritiene adatta a squat, panca e stacco:

  • ramping dal 60% fino all’1RM, poi 2 serie x 3 ripetizioni con il 90%;
  • ramping dall’80% fino al 2RM, poi  2×3 con il 90% del 2RM;
  • ramping dall’80% fino al 3RM, poi 1×3 con il 90% del 3RM;
  • 4×3 al 60% con 30 secondi di recupero;

l’80% e il 60% in corsivo di riferiscono all’1RM raggiunto nel primo ramping.

Dai feedback osservati e/o ricevuti dalle “cavie” a cui ho fatto provare questo schema, le serie da 3 al 90% dell’1 e del 2RM sono un po’ troppo impegnative, per cui le ho sostituite rispettivamente con un 3×1 e un 2×2 (alle stesse percentuali).

Per lo stacco da terra, dopo i ramping Thibaudeau consiglia dei cluster al 90%, consistenti in una serie da 3 a 6 ripetizioni, ognuna delle quali intervallata da 5-10 secondi di recupero. Ecco la realizzazione pratica:

  • ramping dal 60% fino all’1RM, poi 2 cluster al 90%;
  • ramping dall’80% fino al 2RM, poi  2 cluster al 90% del 2RM;
  • ramping dall’80% fino al 3RM, poi 1 cluster al 90% del 3RM.

Questo protocollo va usato una volta a settimana per alzata; se si vuole ripetere l’esercizio un’altra volta nel microciclo (opzione non presa in considerazione da Thibaudeau), la scelta più coerente con questa impostazione è quella di fare uno speed work, cioè un richiamo a carico fisso, leggero, con massima attenzione all’esplosività. Un esempio famoso è il DE (Dynamic Effort) del Westside, con un 8-10 serie x 2-3 ripetizioni al 55-65% del massimale.

Sullo svolgimento concreto del ramping, per Thibaudeau l’importante non è fare tante serie, quanto “attivare” il sistema nervoso, per cui gli incrementi di carico non devono essere troppo modesti, altrimenti la fatica penalizza il risultato finale. A seconda del massimale, consiglia di iniziare con intervalli di 10-20kg, per poi dimezzarli quando si arriva al 90% del presunto massimale. Non precisa il numero di ripetizioni, ma di sicuro non più di 3 all’inizio, per poi passare a singole appena l’esecuzione rallenta, il tutto per limitare la fatica. Indicativamente, 10-12 serie dovrebbero bastare per arrivare all’1RM. Questo ovviamente vale per il primo ramping, nei successivi si eseguono le ripetizioni previste (2 o 3) fino all’RM.

Ricordo che i “massimali” da raggiungere (1, 2 o 3RM) vanno intesi come il peso massimo che si riesce ad accelerare con tecnica corretta ed esecuzione esplosiva per il numero di ripetizioni previste; come infatti è impensabile uno slancio “lento”, allo stesso modo non bisogna arrivare al grinding. Questo permette di accumulare lavoro di qualità, stimolare/potenziare il sistema nervoso e migliorare lo schema motorio dell’alzata (il pattern di cui scrive spesso).

Sebbene anche questo protocollo possa sembrare molto oneroso, l’ho fatto provare a varie tipologie di persone, e devo dire che – se non ci si fa prendere la mano con gli RM – è tutt’altro che irrealizzabile. In particolare, ho avuto risultati molto interessanti con un ragazzo dalla vita molto stressante: è un rocciatore del Soccorso Alpino, e tra esercitazioni, notti in caserma e vere e proprie missioni di salvataggio, il recupero fisico e mentale è sempre incerto, per cui non potevamo basarci su un programma troppo rigido. Allo stesso tempo, è uno che “ne vuole”, e quando entra in palestra prova a dare il massimo, sempre.

Dopo avergli fatto giurare che non avrebbe neanche mai provato una ripetizione se non fosse stato sicuro di eseguirla con la dovuta esplosività, gli ho proposto il seguente split:

A: squat

B: panca

C: stacchi da terra

D: lento avanti

In pratica, un esercizio al giorno, aggiungendo qualche complementare a sua scelta. La frequenza era “il più spesso possibile”, e di solito riusciva a farci stare 5-6 allenamenti a settimana.

 

IL “BEYOND 5/3/1” – BY JIM WENDLER

Continuiamo adesso con un programma abbastanza celebre in rete, il famoso (o famigerato, a seconda dei punti di vista) 5/3/1 di Jim Wendler, ex powerlifter e coach di football, proveniente dalla scuola del Westside Barbell, ma distaccatosi da questa metodologia.

Non è questa la sede per un’analisi dettagliata del programma base (che potete leggere qui) e della filosofia di allenamento che c’è dietro; teniamo solo in considerazione il trattamento riservato agli esercizi principali (squat, panca, stacco da terra e lento avanti). Nella versione originale, erano previste solo tre serie allenanti a settimana, con l’ultima serie portata a cedimento tecnico (“until proper form cannot be mantained”), senza arrivare al punto in cui è impossibile fare un’altra ripetizione (“always leave a rep or two in the tank”). Nello specifico, le percentuali di lavoro sono basate sul Training Max (d’ora in poi TM), che è semplicemente il 90% del massimale reale, testato di recente, in allenamento.

Un avvertimento per i powerlifters: Wendler dice espressamente che non vanno usati i risultati in gara, perché influenzati da molti fattori, tra i quali l’adrenalina e un certo atteggiamento “o la va o la spacca”, difficilmente riproducibili in palestra.

Ecco quindi i carichi di lavoro:

  • settimana 1: 5 ripetizioni al 65%, 5 al 75%, 5 o più con l’85% (del TM);
  • settimana 2: 3 ripetizioni al 70%, 3 all’80% e 3 o più al 90%;
  • settimana 3: 5 ripetizioni al 75%, 3 all’85%, 1 o più al 95%;
  • settimana 4 (scarico): 5×50%, 5×55%, 5×60% .

Dalla quinta settimana si ripete il ciclo, aggiungendo 5kg al TM di squat e stacchi e 2.5 a quello di panca e lento.

Come si vede, si tratta di un’impostazione veramente minimalista, se non scarna, e infatti la critica più ragionevole al programma era proprio la scarsità di volume allenante, palliata (ma solo in parte) con un 5×10 al 50% come “schema di assistenza”.

Già in questa prima versione, però, è presente un’attenzione allo stato di forma dell’atleta: l’ultima serie portata a cedimento tecnico, infatti, permette di spingere un po’ di più nei giorni “sì”, approfittando della buona condizione fisica, mentre nei “less than stellar days” (come li definisce l’autore) sarà sufficiente eseguire il numero minimo previsto di ripetizioni, compito abbastanza facile se consideriamo che si tratta (rispettivamente) di fare 5 ripetizioni con il 76.5%, 3 con l’81% e 1 all’85% del massimale “vero”.

Il primo e-book sul metodo è stato pubblicato nel 2008, e negli anni ci sono state varie riedizioni più o meno significative (5/3/1 for Powerlifting, 5/3/1 for Football, 5/3/1 Second Edition), ma l’ultima in ordine cronologico (Beyond 5/3/1) è l’unica ad aver apportato sostanziali modifiche all’impianto base.

Lo scarico, infatti, viene spostato alla settima settimana, per cui si fanno due cicli da tre settimane di fila, con incremento del TM dopo la terza, ma soprattutto è presente un programma interamente nuovo, basato appunto sul metodo bulgaro.

Prima novità di questo programma (chiamato “Beyond 5/3/1”) è che il TM è l’85% del massimale (non più il 90%), e lo schema di lavoro è il seguente:

  • bilanciere x 10 ripetizioni
  • 10% x 3-5
  • 20% x 3-5
  • 30%x3-5
  • 40%x3-5
  • 50%x3-5
  • 60%x3-5
  • 70%x1-3
  • 80%x1-3
  • 90%x1
  • 100% x max ripetizioni tecniche

Dopo essere giunto al TM (che ricordo essere l’85% del massimale vero), l’atleta ha diverse opzioni: continuare a salire con singole, incrementando il carico del 5-10% fino ad un massimale tecnico, oppure tornare al 70% e ripartire con un nuovo ramping o farci qualche back-off (sono consigliate 3-5 serie da 3-5 ripetizioni), e molte altre presenti nel libro, e che qui non è il caso di elencare una per una.

Anche in questo caso, le serie più leggere servono da mera preparazione a quella principale, per cui sono volutamente poco impegnative.

Per lo split e la frequenza è lasciata la massima libertà all’atleta: su tre-quattro allenamenti a settimana è opportuno abbinare un esercizio per la parte alta del corpo (panca piana o lento avanti) e uno per la parte bassa (squat o stacco da terra), mentre con frequenze più elevate può bastare anche solo un esercizio al giorno. Un powerlifter che volesse allenarsi sei volte a settimana, mantenendo le sedute ragionevolmente brevi (chi si allena a casa, ad esempio, è spesso in questa situazione) potrebbe trovare interessante un lavoro del genere:

  • squat
  • panca
  • stacchi da terra
  • panca (o variante tipo panca stretta o board press)
  • squat
  • panca

Vista la novità del programma, non ho esperienze significative, ma solo “prime impressioni”, positive finora, ma forse ancora poco significative.

 

RIFLESSIONI FINALI

Si tratta di metodi abbastanza “radicali”, che pongono l’atleta di fronte ai propri limiti: ci saranno giorni in cui la stanchezza si farà sentire, per cui i carichi elevati saranno un lontano ricordo sbiadito nella memoria, e la fiducia nell’efficacia di tali programmi rischierà di vacillare, come invece ci saranno occasioni in cui i pesi voleranno letteralmente, e l’euforia potrebbe far dimenticare la necessaria prudenza nella gestione dei carichi.

Molto probabilmente non sono scelte adatte a neofiti, che potrebbero non avere la necessaria “saggezza” per decidere quando fermarsi.

Un’altra questione aperta è il tapering, ovvero la necessaria fase di transizione verso una gara o un test dei massimali: se in programmi più strutturati la diminuzione di volume e di intensità è prestabilita, e aiuta a smaltire la fatica accumulata e far realizzare la prestazione di picco, qui le cose si fanno un po’ più complicate e solo la sperimentazione personale potrà fornire linee guida attendibili.

Si tratta di metodiche adatte alla preparazione atletica? Non me la sento di escluderlo, malgrado la frequenza e le percentuali potrebbero far pensare il contrario; in fondo, se prendiamo il Wendler, si tratta di scaldarsi con tante serie leggere e farne una l’85% del massimale, che non è certo un exploit impossibile anche durante la stagione agonistica, e due sedute di squat e panca a settimana potrebbero anche bastare, per lo meno a mantenere quanto costruito nell’off season, con il vantaggio non trascurabile dell’adattamento in tempo reale alla condizione dell’atleta.

 

Note sull’autore

Fabio Prescimone, nato a Pisa nel 1975, siciliano di famiglia e cresciuto a Messina. Laureato in lingue straniere, Istruttore di I livello di fitness e bodybuilding MAF Italia (Associazione affiliata al sistema CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale) e Istruttore FIPL di Powerlifting di 1° e 2° livello. Atleta del team di powerlifting “Joypowerlifting” di Pietrasanta (LU). Autore e amministratore del blog:www.fabiopersonaltrainer.it