A cura di Ado Gruzza.

Usare le percentuali ha senso o è un’idea sorpassata?

 

Questa è una domanda che è molto ricorrente a corsi o seminari, e la risposta è una di quelle che tipicamente si spendono bene a voce.

Per questo, raramente ne ho scritto, anche se penso sia un fattore molto interessante.
Mi è venuta voglia di scrivere questo articolo, leggendo un bell’articolo di un ragazzo sul metodo RPE. L’idea (forse nata dalla scala di Borg e chissenefrega è la parola successiva) di Mike Tushcherer di dare un nome allo sforzo, dargli una quantità numerica, in modo da razionalizzare l’allenamento. Molto ben strutturato, molto sensato. A cui però, secondo me manca un pezzo. O meglio, non è certamente sufficiente a mettere le % di carico in soffitta. Anzi.

Partiamo dalla risposta facile. In questo caso la risposta facile è quella che apparentemente sembra solamente vera. Però, guardandola con la lente, si notano tanti punti da valutare meglio. La vita comune, la politica e sopratutto l’economia sono pienissime di risposte facili.

Parlando di allenamento con le % la risposta facile è quella che ho sentito spesso: le % sono un mezzo sbagliato, perchè non tengono conto della forma del momento, sono preordinate, per cui potrebbe essere che il soggetto non sia in condizione, un determinato giorno (per motivi anche esterni all’allenamento stesso) di completare tutte le serie e ripetizioni indicate.
Ineccepibile, no?
No, eccepibile. Ecco perchè, secondo me, molti tecnici al mondo si affidano rigidamente o meno, alle % sul 1RM.
Attenzione, non critico il metodo di Mike o qualunque altro, faccio una semplice analisi. Tanto più che il mio MAV riporta, da questo punto di vista, le stesse problematiche.

Mentre da un lato è vero che la % rappresenta un dato numerico freddo, sommario, e che la lunghezza di un femore possa variare di gran lunga lo stimolo rappresentato ad esempio da un 85%, dall’altro lato bisogna considerare l’imprecisione galattica dell’alternativa. Andare a sentimento, andare a sensazioni, dare un voto, una classificazione, allo sforzo, rischia di essere, nella sua apparente scientificità, un “tanto al chilo” colossale.

Punto primo.
Come classificare la fatica? Ci sono Gyrevik che per 10 minuti consecutivi sollevano carichi che rappresentano una percentuale molto alta del loro 1RM. Come classificherebbero loro lo sforzo? E ancor più difficile è classificare lo sforzo, in alzate brevi, metabolicamente facili, come un 2 o un 3RM.
Aggiungo un dato notevolmente importante: più siete insicuri nel movimento, meno siete efficienti, più avrete la percezione del ‘facile’ su alzate in realtà di limite.
Questo per tantissimi motivi che non sto qua ad elencare.
Molto evidente in gara: i principianti entrano sempre molto alti, o fanno salti altissimi tra una prova e l’altra. Immancabilmente sento dire: “Minchia! I 160 li ho sentiti facilissimi ho chiamato 180 kg!”
Se siete mai stati ad una gara di powerlifting dal back stage, non potete non averlo notato.

Punto secondo.
Quando sento dire che con le % si rischia di non riuscire a completare un allenamento se il dato giorno non si è in piena forma, mi si accende una lampadina. Mi viene in dubbio che chi obietta questo, abbia in mente il dito e non la luna.
Questo è vero quando si programma un piano di lavoro più testante che allenante, con carichi preordinati a crescere.
Oggi 5 x 5 al 70%, domani all’ 80%, dopodomani al 90%, e così via.
Qui il problema non è certo il metro di riferimento (in questo caso le % di carico) quanto il programma in sé.
Un programma che ha il rischio frequente di non essere completabile, beh… Nel 99% dei casi è un programma sbagliato.
Usare le % di carico significa avere uno strumento di valutazione, attraverso il quale il tecnico deve portare il soggetto a essere in forma nel momento giusto. Giocando su volumi ed intensità, ballando coi carichi, e non forzando il soggetto ad una crescita coatta settimana per settimana. Almeno, nella maggior parte dei casi.
Certo, le % non saranno mai accurate al millimetro e non vi sarà mai la perfezione cosmica. Di sicuro, nel loro essere approssimative, saranno più vicine alla realtà dell’alternativa a sensazione. Poi, qual’è il carico perfetto? Quando siamo in grado di derminarlo? Credo, non certo in base alle sensazioni di chi ha il bilancere sulle spalle. O solo in rarissimi casi, di cui parlerò dopo.

Punto terzo.
Chi usa, scientemente le % di solito ha il vantaggio di avere un modello in mente.
Che sia il modello di Prilepin, che sia l’idea di Rodionov, quello che vi pare. Però avendo un modello mentale, diventa molto più facile strutturare un prodotto organizzato.

Ogni allenatore o appassionato deve mettersi in testa cosa deve rappresentare per lui una certa % di carico.
Cosa significa per me un 80 percento? Un 90 percento? Un 95 percento?
Ogni carico deve, nella testa dell’allenatore, avere un ben preciso effetto allenante. Per questo, non tutti devono usare le stesse % di carico e quello che è un 80% per un pesante ha sicuramente stimoli ed effetti diversi da quelli che può avere una donna di 55 kg. Per ottenere quell’effetto allenante, potrebbe essere interessante chiamare il 75% per un soggetto, l’80% per un altro e il 77,5% per un altro ancora. Giusto per fare un esempio banale.

Punto quarto.
Le % di carico danno anche indicazioni storiche. Come hai spinto il 90% ieri? Un mese fa?
Allo stesso tempo, indicazioni pseudoscientifiche molto importanti: fare troppe ripetizioni al 90% e oltre, rappresenta un rischio, così come farne troppo poche sopra il 75%, anche se probabilmente il primo rischio è molto più alto del secondo. Abbiamo dati che ci vengono dalla scuola Sovietica su questo, sappiamo ad esempio che l’uso estensivo di carichi pari o superiori al 90% per più di una ventina di giorni porta ad un calo delle prestazioni, sappiamo che il 60% può essere un interessante carico di recupero.
In pratica torniamo all’idea del modello. Imperfetto, però aiuta.

Chi può andare a sensazione?
Due caratteristiche.
La prima. Paradossalmente, chi ha anni (anni, non noccioline) di lavoro solido a percentuale usando spesso carico fisso, avendo seguito un modello ortodosso di impostazione, creato il solito rompicoglioni di automatismo. Beh, costoro hanno gli strumenti tecnici e mentali per muoversi più liberamente.

La seconda. Quelli che hanno un carattere particolare. C’è gente che è e sarà sempre predisposta a tirare troppo, essere poco riflessiva coi carichi (tutti noi conosciamo più di un soggetto così) e su questi tizi, un lavoro a sensazione sarà sempre, alla lunga, controproducente. Spesso (non sempre) questi soggetti sono forti di natura, sono gente dotata e quest’indole a tirare tanto li fa crescere in ogni caso. Però non fatevi ingannare.

In definitiva, una posizione di buon senso sarebbe quella di avere un modello mentale, e quando si è davvero, davvero, davvero, davvero, davvero, davvero, davvero sicuri di quello che si sta facendo, applicare modifiche e seguire l’istinto.
Se fossi in palestra ogni giorno, sono sicuro di una cosa e di un’altra forse: la prima è che avrei risultati ancora migliori, la seconda è che in ogni caso, parzialmente, avrei bisogno di mantenere un rapporto con le % per avere parametri su cui ragionare, anche se di certo mi affiderei per la stragrande maggioranza del tempo, alla mia analisi estemporanea.
Magari, potrei pure permettermi di non scrivere programmi, in alcun caso.

Secondo me il discorso RPE è molto interessante, credo però che in qualche modo sia necessario infilarlo in un contenitore, come credo lo stesso Tushcherer stia facendo e come io faccio quando uso il concetto di MAV in un allenamento.