Una ricerca di J. P. Ahtiainen mostra come non vi sia stata alcuna differenza di risultati tra un gruppo allenato con 5 serie di squat con 2 minuti di recupero e un altro con le stesse serie peró con 5 minuti di recupero.
Il recupero, quindi, non influenzava sensibilmente gli effetti allenanti. In pratica, buttate l’orologio.
Ok, via con le domande idiote: non c’è differenza fra 2 e 5 minuti…ma…per la massa o per la forza? No xkè mio kugggino dice che 2min è x la massa 🙂 Scherzi a parte, ragazzi, siete grandi, continuate a diffondere un po’ di sana scienza (e di altrettanto sano buonsenso) nel mondo dei pesi, che ce n’è bisogno ! ! !
e il dramma del cortisolo..hahaha
ad ogni modo occhio che però questo è dimostrato solo per il protocollo che hanno utilizzato nello studio..quindi che non si prenda proprio come vangelo..
Ma non esistevano ricerche che davano, in funzione del recupero fatto, le percentuali di ATP nel muscolo o di acido lattico portato via?
Se sì questa ricerca come si relaziona con quelle?In generale che spiegazione danno del fenomeno?
Ragazzi guardate la luna e non il dito: chissene straminchia della ricerca di Athianen, cogliamo il senso dietro le parole: hanno preso 50 pirla, gli hanno allenati a 5 x 5 e quelli che facevano 2 minuti di recupero hanno migliorato come o meno di quelli che ne facevano 5 di minuti.
Il senso non staà nell’ATP\CP o nella capacità di smaltimento, il senso sta nel fatto che ci sono dei parametri che sono più interessanti e più importanti di quanto sembri ed altri meno, e in questo contesto invitiamo (per primi) la gente a dare il peso giusto ai concetti.
Se volessimo fare una analisi su questa ricerca, cosa che personalmente non mi interessa ma se qualcuno ne ha voglia è il benvenuto, ne avremmo fatto un articolo d’analisi. Questo è solo uno spunto di riflessione. Ne vangelo ne stronzata. Una parabola, diciamo.
@ermenegildo: si si sono tutti dati che sono chiari quelli da te riportati.
sebbene i parametri che citi possano avere la loro influenza nella risposta dell’organismo ad un certo stimolo allenante, direi che sono per lo più parametri descrittivi solo della parte metabolico-energetica.
nello studio hanno valutato l’effetto dei protocolli sulle risposte ormonali (testosterone totale e libero, GH e cortisolo), oltre a CSA per lo sviluppo di nuova massa e i massimali/max forza isometrica. il tutto comparando due tempi di recupero diversi.
però se consideri che l’emivita per la rifosforilazione della fosfocreatina è di 30 secondi (il 50% della PCr è di nuovo disponibile per contribuire al fabbisogno energetico dopo 30s) capisci che non è solo una questione di metabolismo. In 2′ si arriva quasi ad un recupero completo delle scorte di fosfocreatina e ATP.
@ado: bè l’articolo inizia con: “una ricerca di… dimostra come..”. è stato usato come esempio.
direi che lo spunto di riflessione si può fare quasi solo sulla base dei risultati che hai avuto come allenatore. questo studio è piuttosto limitato nei risultati, per stessa ammissione degli autori, proprio perchè relativo ad un protocollo ben specifico. erano 13 soggetti non 50 (giusto per dovere di cronaca). Inoltre si parla di squat al castello e pressa, di 10 ripetizioni e addirittura di cedimento (li aiutavano nelle ultime ripetizione ove necessario).
Il discorso è che ci sono 100mila studi che dicono invece il contrario (kraemer per es). Prendiamo per esempio recuperi di 1’30 o di 60″: Risposte acute completamente diverse e anche a livello cronico ci sono differenze).
Semplicemente mi è parso strano il fatto che è stato portato un solo articolo, come esempio dell’idea del buttiamo l’orologio, che peraltro rispecchia una metodologia completamente differente da quella proposta qui come linee di pensiero. Un po in controsenso con quanto scritto(giustamente) in precedenza.
Ah, ad ogni modo anche io recupero “a naso” quando alleno squat e stacco. Lo spunto di riflessione l’hai già dato con la tua esperienza personale raccontata nei numerosi articoli che hai scritto. Quello del finlandese è di sicuro è un contributo in più, però lo trovo piuttosto inadatto a fare da supporto, sia per la metodologia proposta che per i tempi di recupero scelti.
articolo completo: http://www.tiphe.com.br/repositorio/pandora/pdf/Ahtiainen%20JP%20et%20al._2005_JSCR.pdf
quel che si vuole dire è che il tempo di recupero è SI una variabile in gioco che ha il suo peso. Peso che però è molto molto molto inferiore rispetto ad altri fattori ben più importanti.
quindi se restiamo dentro range di recupero “di buon senso” tra 1,30 e 3′ sicuramente otteniamo risultati indifferentemente validi (se gli altri fattori sono ottimizzati)
buttate via il cronometro nel senso di non fissarvi su 1,40 o 2,15… fissatevi invece di fare le ripetizioni al meglio, se serve più recupero prendetevelo. se ne serve meno meglio. se per fare serie buone dovete recuperare 5′ qualcosa non va nella programmazione generale!
un saluto!
L’impressione che ho sempre di più è che la comprensione dell’allenamento della forza della ‘new wave’ Italiana sia enormemente più sviluppata di quanto sia altrove.
Per esempio nel mondo anglosassone non esiste un luogo in cui si alternano articoli della complessità dei nostri: prendente l’ultimo di Fontana, Rossi, Pisano. Se scrivessimo in Inglese avremmo una risonanza enorme, contanto che da quello che leggo basta che uno scriva in Inglese. Si cita Kraemer?
Leggete gli interventi di Kraemer e le sue proposte allenanti sul Science & Pratics e poi leggete le proposte di Pisano e fate due conti. Purtroppo certe soluzioni sono, oggi, il medioevo.
Non so cosa stiano guardando i preparatori di Rugby, pure Juve, Milan (MILAN) e compagnia. Non so cosa stiano aspettando però sono convinto che il primo che si accorgerà di questi giovani talenti sarà il primo ad iniziare a massimizzare i risultati in quel settore specifico. Perchè non c’è verso: il corpo umano funziona così.
@ado:.
Spostare poi la mira sulle proposte applicative di K..una “mossa” che mi trova un po sorpreso,
Ripeto che il concetto ci può anche stare se chi legge usa un minimo di buonsenso(ma si sa che nelle palestre..abbiamo visto di tutto), solo non mi sono trovato d’accordo col metodo che si è scelto per sostenere un’idea. Kramer è stato citato per garantire il contraddittorio.
Se poi vuoi decontestualizzare il tal Kraemer (parlando di proposte pratiche)..bè il primo a citarlo sei stato tu, portando quest’articolo (nel quale ha fatto da supervisor..peraltro lo stesso K si pone alcuni dubbi comparando i dati con quelli dei suoi precedenti studi)
Buon lavoro
lasciando perdere tutte le citazioni ad autori e a studi, che rendono inutilmente complesso il tutto, a mio parere il senso dell’articolo, nel suo essere semplice è indiscutibilmente intelligente.
Troppe volte ci si fa condizionare dal recupero; intaccando la qualità dell’allenamento stesso.
Il recupero è assolutamente non standardizzabile. Di serie in serie, di esercizio in esercizio può variare.
Sta alla capacità individuale selezionarlo e allenare il nostro “timer” interno.
Bah il punto Furli è lo stesso della polemica sul mezzo squat: stiamo tanto qua a dirci cosa si è sempre fatto, di fronte all’evidenza che si è sempre fatto male. Perchè o sono leonardo da vinci oppure non era così difficile capire che il mezzo squat è una stronzata. Se vedi i miei commenti prima dell’uscita della ricerca prevedo esattamente i risultati di questa.
Il punto è che il senso del Pocket era chiaro, come a dire: Carmelo Bene è apparso alla madonna. Il senso è chiaro, non occorre fare un indagine scientifica comparata su come sia impossibile che Bene sia apparso a Nostra Signora.
Chiaro che il recupero ha un significato. Quale? Meno di quello che avete sempre creduto o comunque diverso.