Ho conosciuto Andrea nella palestra in cui lavoro. La prima volta che lo vidi stava facendo degli stacchi in modo poco efficace e da li l’ho avvicinato con l’intento di correggerne la tecnica.

E’ venuto fuori che Andrea è un giocatore di Rugby e gioca in serie B con il “Pesaro Rugby”. Il suo intento era quello di prepararsi fisicamente per il suo sport.

Inizialmente era forse un po’ scettico, quando ho cominciato a spiegargli che per fare preparazione avrebbe dovuto utilizzare principalmente esercizi fondamentali, fatti in maniera tecnica e frequentemente, dimenticandosi di altri esercizietti spazzatura, come le varie girate (fatte male) con pesi, come si usa dire, della “chicco” o ammazzarsi di lavoro addominale fatto male o qualsiasi altra scemenza in stile fitness. Tutto sommato il messaggio è passato abbastanza velocemente e si è convito facilmente della bontà di quel che gli dicevo. Da li ho cominciato a seguirlo e a scrivergli i vari programmi di allenamento.

La prima cosa è stata quella di verificare il livello tecnico iniziale nell’utilizzo del bilanciere, negli esercizi che gli avrei fatto fare; ovviamente parlo dei grossi fondamentali del bilanciere.

Questi esercizi già li faceva tutti, ma sia il modo che la quantità erano sbagliate. Questo tipo di approccio paradossalmente non è altro che il livello medio dell’uso del bilanciere in Italia oggi che vedo in giro.

Sullo stacco ricordo che tirava molto di schiena (quindi partendo con le gambe semidistese) e “perdeva le anche”, ossia il sedere partiva verso l’alto prima delle spalle nella prima parte della tirata, per poi recuperare le spalle alla fine (tirando appunto di schiena). Questo succedeva anche con carichi relativamente bassi. L’aggancio a terra era errato con il bilanciere troppo distante dalle tibie. Lo squat era sopra il parallelo, manco a dirlo, aggancio del bilanciere completamente sbagliato e spinta poco funzionale, quindi stance (distanza tra i piedi) e apertura delle punte dei piedi scorrette.

Sullo squat sopra il parallelo poi girano molte leggende ma la verità è che le indagini condotte da tecnici, dicono che lo squat deve essere sotto il parallelo.

La panca era una classica panca da “palestrina” dove i muscoli utilizzati sono una percentuale molto bassa rispetto a quelli che si utilizzano con una panca tecnica di scuola federale. Il fermo al petto era assente, ma il peggio è che il petto nemmeno lo toccava. Questo più molte altre sfumature che sarebbe tedioso raccontare.

Oltre al discorso tecnico la metodologia di allenamento era pressoché assente, ossia istintiva, il che si traduceva in allenamenti con poca frequenza sugli esercizi base e troppa su esercizi complementari, tipici da palestra; per lo più con un utilizzo smodato e senza comprensione della tecnica del cedimento (protraendo ogni serie fino all’esaurimento delle energie). Tecnica tanto usata nel bodybuilding e ormai passata di moda nell’allenamento scientifico della forza.

Partendo da questa verifica tecnica di base, gli ho passato la prima scheda di allenamento. Una scheda molto semplice e cruda fatta di  tre allenamenti settimanali strutturata:

a) sull’uso di pochi esercizi multi articolari ricorrenti

b)  con l’uso del carico fisso. Cioè non serie ramping ma un peso fisso per un certo numero di serie (di solito tante) e di ripetizioni (di solito poche).

c) abbandonando totalmente l’uso del cedimento muscolare come tecnica d’allenamento.

Importante ricordare che in quel periodo oltre al lavoro in palestra Andrea aveva gli allenamenti in campo; motivo in più per evitare assolutamente il cedimento, specialmente sugli esercizi base.  Riempire il corpo di lattato è una idiozia che non trova spiegazione presso nessun preparatore atletico. Lo fanno così, semplicemente perché si è sempre fatto.      I carichi sono stati adeguati a fare un lavoro di qualità, il che di solito significa calare consistentemente i carichi che d’istinto l’atleta tende ad usare.

Lo scopo di questa prima scheda era di curare la tecnica con molte serie e carichi fissi, che permettono più facilmente un adattamento al carico senza stravolgere ad ogni serie il pattern motorio.

Andando avanti con le schede successive, mi sono ritrovato ad utilizzare molto la tecnica MAV (<http://www.rawtraining.eu/metodi-e-programmazione/come-allenarsi-con-i-pesi/>) sulle alzate, mantenendo sempre un alta frequenza sulle alzate base.

Il Mav è il metodo ideale nelle fasi in cui l’ atleta è impegnato su diversi fronti.  Considerando che l’atleta fa tre sedute sul campo e da due a tre in sala pesi, è opportuno evitare assolutamente delle tecniche a cedimento, le quali rischiano di mandare l’atleta in partita con le gambe “imballate”.  L’uso di steroidi in certi sport, viene anche da una cattivissima gestione dei sovraccarichi, ossia per recuperare in tempo da allenamenti superlattacidi, si ricorre all’utilizzo di sostanze dopanti.

Con il Mav questo non succede, perché se le alzate sono veloci l’atleta procede col carico, ma appena si intravede un rallentamento l’atleta è obbligato a fermarsi.

Altro motivo inoltre per cui evitare il cedimento, è che non permette di migliorare la tecnica: più si arriva a cedimento più la tecnica ovviamente va a farsi benedire.

Per averne la prova basta vedere la gente comune che fa panca in palestra e che solleva le ultime ripetizione sbraitando e sbavando, ma soprattutto contorcendosi e storcendosi in tutti i modi pur di sollevare il bilanciere, il che oltre che essere uno spettacolo di dubbio gusto è inefficace e anche potenzialmente pericoloso per le articolazioni.

La frequenza sulle alzate è rimasta sempre alta anche sulle schede successive, con schemi diversi ma più o meno sempre la stessa alternanza di esercizi: panca quasi sempre, o comunque varianti della panca quali panca stretta, panca con fermo lungo ecc. e squat solitamente più frequente dello stacco, quindi sui 2 squat a settimana e 1 stacco.

I risultati sono stati molto positivi.

Andrea ha cominciato ad allenarsi con me verso Aprile, e tra un infortunio ai reni, e un infortunio al ginocchio (sei punti per un taglio in campo) che gli hanno fatto perdere diverso tempo, siamo arrivati ad Agosto. In questo lasso di tempo Andrea è passato da 77kg a 83Kg con la misura del punto vita che è rimasta di 82 centimetri. Considerando che Andrea è rigorosamente natural e che usa i carichi solo come integrazione alla sua attività, questi mi sembrano risultati decisamente notevoli.

I suoi massimali sono passati da 90 nella panca piana fatta con rimbalzo (o a 2cm dal petto) a 110 con fermo al petto. Lo squat da 110 con ginocchia a 90° a 150 sotto il parallelo. Inoltre sono numeri che continuano ad aumentare ad ogni test.

Un altro aspetto poi, che però non è calcolabile direttamente con dei numeri come il massimale, è l’efficienza con la quale si sollevano i carichi; questo indica secondo me quanto del proprio potenziale neuromuscolare viene sfruttato per alzare il bilanciere. Questa aumentata capacità sicuramente si traduce anche in un aumento dei massimali, ma per quel che più mi interessa in una preparazione, è che si traduca in una maggior efficienza nel generare forza e un miglior reclutamento delle unità motorie, il quale viene trasferito anche nei gesti sportivi. Per fare un esempio banale, se prima in mischia Andrea spingeva solo di quadricipite, ora sarà più efficiente nello sfruttare al meglio il suo core e a sua catena cinetica posteriore (maggior sinergia muscolare) e nel generare impulsi nervosi.

Lascio la parola all’atleta stesso, che vi racconterà la sua esperienza culminata in una promozione in serie B.

Andrea:

Devo ammettere che ho impiegato un po’ di tempo per metabolizzare l’ approccio alla palestra che mi propose Marco ad Aprile, in quanto sconvolgeva le mie abitudini, ma da quando ho adattato il suo metodo di fare pesi sono aumentato muscolarmente molto di più che nel paio di anni precedenti. Prima mi sovraccaricavo di esercizi con schede portate allo sfinimento, ora esco dalla palestra più fresco ma con la consapevolezza di aver fatto un buon lavoro. Quello che mi è stato proposto è un lavoro che non fa lavorare solo il corpo, ma necessita anche di un lavoro mentale.

I pesi che aumentano sono solo una conseguenza del miglioramento tecnico.

Da quando mi alleno con Marco sono più incisivo in campo, ho un placcaggio più sicuro e contundente e penetro più facilmente la linea di difesa. Sicuramente questo è dovuto a un mix di fattori: l’ aumento della massa che mi dà più inerzia, l’ aumento della forza che mi rende più esplosivo e la maggior sicurezza mentale dovuta alla mia maggiore prestanza fisica. Sono soddisfatto dei risultati ottenuti perché nel rugby la fisicità conta e non poco. Mi rendo anche conto che i piccoli risentimenti fisici che mi portavo dietro a fine partita ora sono diminuiti. Devo un grosso ringraziamento a Marco non solo per le sue competenze in materia ma anche per la passione e la dedizione con cui segue i singoli non abbandonandoli una volta che gli ha spiegato la scheda. Sono ancora un novellino nel campo della pesistica e Marco non manca di correggermi ogni volta per migliorare la tecnica di esecuzione.

 

STACCO DA TERRA

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PANCA PIANA

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