a cura di Ado Gruzza

TREDICI PUNTI  ANTICONVENZIONALI, SULL’IPERTROFIA NEL NATURAL – COSA SAPPIAMO OGGI DELLO SVILUPPO DELLA MASSA MAGRA NEL NATURAL E COME POSSIAMO TRARNE PROFITTO IMMEDIATAMENTE

Cosa sappiamo oggi dell’ipertrofia?  Sicuramente c’è una grandissima confusione, un ridondante rumore di fondo. Perché tutto ciò che passa dal fitness commerciale ha un doppio meccanismo mentale: si complica e si semplifica troppo. Con troppa poca preparazione scientifica e intellettuale sono affrontate certe ricerche (semplificazione) e con troppa voglia di inventare qualcosa di nuovo (complicazione) sono presentati via via fantasmagorici studi rivoluzionari presentati senza la giusta competenza o onestà intellettuale.

Mel Siff, l’autore di quel noiosissimo manuale (Supertraining) tanto osannato dai nerds della pesistica, disse una cosa importante: cosa sappiamo dell’ipertrofia? Poco, sappiamo di sicuro solo che occorre aumentare i carichi per creare un adattamento del corpo in tal senso.

Ora vi dico cosa ho osservato io, in questi ultimi anni di appassionata attività di allenatore. Nel powerlifting l’ipertrofia è in teoria un evento secondario, non ricercato direttamente. In teoria! In realtà l’allenamento per il powerlifting è ottimale solo se produce processi ipertrofici ottimali.

NOTATE BENE: queste sono mie considerazioni ed esperienze personali, di uno che ha semplicemente osservato dei fatti. Non c’è una pallosa bibliografia alla fine e non pretendo che questi punti siano una legge universale. Sono le riflessioni di un ragazzo che allena. Sono le riflessioni fatte dalla stessa persona che in passato ha avuto intuizioni in materia sovraccarichi che oggi sono praticamente date per scontate da tutti. Quando ancora la gente parlava di muscolo carente già qui si parlava di vettori di forza e schema motorio.

Ecco allora quello che ho osservato io. Una pure osservazione della mia realtà, niente più e niente meno. Se non vi interessa fate click col mouse e continuate a leggervi Flex. Leggere fa sempre bene, dicono.

RISPOSTA DI ADATTAMENTO AD UNO STIMOLO

1. L’ipertrofia è un evento di adattamento. Per cui risponde primariamente ad uno stimolo. Il primissimo stimolo che cronicizza l’ipertrofia è l’avvenuta capacità di produrre un momento di forza. In pratica, senza farla tanto lunga: ogni stimolo che richiede un incremento di forza genera una risposta ipertrofica. Se per mestiere da domani dovrete appoggiare un vaso di 50 kg su uno scaffale a 150cm di altezza, vi garantisco che il corpo darà una risposta ipertrofica nei muscoli interessati, che voi seguiate le sacre regole del bodybuilding oppure no.

2. L’evento di forza deve essere sufficientemente duraturo nel tempo. Non basta un impulso lampo come l’appoggio del piede in un salto in alto. Deve durare qualcosa di molto vicino a poco più di un secondo di tempo e oltre. Però non troppo oltre. I lavori estremamente dinamici nell’essenza del movimento non danno risposte ipertrofiche significative. Quindi diffidare di certi approcci troppo faciloni del functional training. Quando nella pesistica olimpica c’era l’esercizio di distensione i pesisti avevano masse muscolari importantissime. Passando al solo slancio (quindi lo stimolo è intenso ma di tempo brevissimo) le strutture muscolari si sono alleggerite. Date un occhio ad una foto di Ivanchenko nei primi anni settanta.

3. L’evento di forza può essere estremamente breve. Più breve di quanto si pensi. Malgrado il punto 2 occorre considerare come le gambe dei bulgari che facevano solo singole e doppie di squat erano davvero sviluppate. Le braccia molto meno perché lo slancio non da tempo sotto tensione sufficiente, mentre lo squat si. In pratica, scordatevi i TUT folli proposti negli anni dai guru del bodybuilding. Non serve stare sotto tensione 70 secondi per generare ipertrofia. Serve però avere un alta tensione costante per tutto l’arco del movimento.  In base alle mie letture, pare che i pesisti citati nel punto 2 per allenare la distensione facessero allenamenti molto specifici e molto votati alle basse ripetizioni con elevati carichi. Per questo malgrado gli sforzi fossero nell’arco dell’una \ tre ripetizioni questo TUT era sufficiente ad ottimizzare l’ipertrofia.

Producete uno stimolo che costringa il vostro corpo a spingere o tirare qualcosa di importante e questo per reazione crescerà. Il resto è tutto discutibile.

 

TRA SCIENZA E PRATICA

4. Ci sono diversi tipi di ipertrofia, questo è evidente pure dal tipo di fisico che ne risulta e lo confermano tutte le ricerche a tal proposito. Questo però se siete natural non vi deve minimamente tangere, perché con buona probabilità siete troppo piccoli e state facendo troppo poco per la vostra ipertrofia del sarcomero per preoccuparvi delle stronzate. Dovete solo mettere struttura e cronicizzarla. Il vostro corpo deve ricevere il messaggio secondo cui deve adattarsi ad uno stimolo di lavoro importante.

5. I lavori di resistenza tendono a minare la risposta ipertrofica. Clave, pentole, corde, non producono ipertrofia, a meno che non si usino come manubri con carichi in percentuale ipertrofica.  Più uno sforzo richiede forza più genera ipertrofia.  Alla domanda di forza il corpo risponde con ipertrofia. Alla domanda ‘durata’ il corpo risponde in maniera coerente con le richieste. Per durare di più non dovete essere più grossi, tutt’altro. Un po’ di aerobica moderata invece non può che far bene.

NOTA: il funzionale ha nient’altro che sostituito il bodybuilding degli anni 80 e il fitness anni 90 e promette alla gente fisicacci da urlo. Se nella vostra prospettiva i fisicacci da urlo sono quelli che vedo in copertina di questi corsi sappiate che sono frutto di (grosse) dosi di steroidi anabolizzanti. Il lavoro funzionale classico (quando ben strutturato) produce un fisico assolutamente votato all’adattamento alla resistenza. Di fatto in gran parte sono allenamenti catabolici. Se l’uomo copertina di turno è enorme, non è difficile che venga dal bodybuilding e abbia alle spalle anche storie di steroidi. Semplicemente perché non si fa il pane con la marmellata, ci vuole la farina. Prendete l’atletica: il lanciatore di peso è più grosso del lanciatore di martello che è più grosso del 100 metrista che è più grosso del 400ista che è più grosso dell’800ista e così via. A parte casi sporadici particolari, il corpo risponde in maniera coerente agli stimoli.

6. La risposta anabolica nel natural è estremamente legata al benessere del corpo. Dovete allenarvi tantissimo ma non facendo allenamenti che vi mandino in acido, come si dice in questi casi. Il corpo per crescere deve stare bene. L’alimentazione deve essere sana, senza maniacalità ne eccessi, l’allenamento deve essere tanto e costante.

7. L’ATP deficency Theory mi sembra essere quella più azzeccata. Leggete con molta attenzione l’articolo sui metodi della Germania dell’Est – cliccate qui – pubblicato su questo sito: non è un pezzo da copertina ma c’è della sostanza.

8. Gli atleti che devono svolgere eventi che richiedono forza sono più grossi in relazione alla quantità di forza richiesta dall’evento.

LAVORO, LAVORO, LAVORO

9. L’ipertrofia ha molto a che fare con il LAVORO. Cioè è la quantità di lavoro che determina la risposta d’adattamento. Non basta sollevare carichi importanti, occorre dedicarci parecchio tempo durante la settimana. Ricordatevi che l’ipertrofia è un adattamento ad uno stimolo esterno. I calli vi vengono se zappate tutti i giorni, non se lo fate solo alla domenica perché è la nuova moda funzionale del 2012 primavera estate.

Boris Ivanovich Sheyko, che per risultati ottenuti è forse l’esperto di forza più vincente in attività, in riferimento all’ipertrofia nel powerlifter mi propose di alternare la normale pianificazione competitiva (che vi garantisco essere ipertrofica) ad un modello strutturato sulle 5 e 6 ripetizioni e ad onde di carico alternate mantenendo un consistente numero di serie allenanti e una solidissima quantità di lavoro specifico e aspecifico.

PUNTO FONDAMENTALE

10. Un fattore determinante nello sviluppo ipertrofico nel natural è una sana propensione alla frequenza di lavoro. Nella mia esperienza personalissima la frequenza è determinante. Ormai lo stanno capendo anche i tecnici del bodybuilding americano. . Allenare un muscolo una volta a settimana credo sia un grosso errore. Soprattutto perché non vi è alcuna logica scientifica a supporto. Il corpo non reagisce agli stimoli per modelli semplificati elementari. Nella mia esperienza personale, poi voi fateci quello che vi pare, l’aumento di frequenza in un contesto organizzato, con pochi esercizi fondamentali e qualitativi è sempre stato un mezzo determinante per vedere una decisa crescita muscolare. Nel natural, ovviamente.

I Ginnasti che fanno trazioni supine a valanga tutti i giorni, tendenzialmente danno ragione alla mia tesi. Pochi movimenti specifici fatti tanto e spesso. L’allenatore della polisportiva COOP ginnastica Riccò mi disse esattamente queste parole: certi metodi hanno una risposta perché impongono al corpo volumi e frequenze altissime. Fidiamoci dei tecnici veri.

11. La risposta ipertrofica nel dopato cambia in maniera radicale. Non sono menate dei fanatici del natural. Vero. Il dopato ha una risposta di tipo e natura completamente differente.

Il problema di fatto è la perdita muscolare. Il natural deve concentrarsi sull’allenarsi creando uno stress positivo e non negativo. Cedimento strenuo, lattacido predominate e cose così creano risposta ipertrofica ma molto di più stress sistemico che inibisce la crescita. La differenza che ho io rispetto agli ideologi del natural bodybuilding è che secondo me non si debbono fare sedute molto intense ma molto rarefatte. Al contrario occorre limitare il lavoro lattacido a favore dell’intensità (in termini di tensione) e della frequenza. Perché la perdita muscolare è il problema primario del natural ITALICO.  Doparsi cambia il mondo. Da un vantaggio mai visto. Ho allenato gente che aveva assunto sostanze una decina di anni fa e ancora aveva un certo vantaggio rispetto a chi partiva da zero.

12. Non ho mai, e dico mai e assolutamente mai, visto qualcuno di natural proveniente dal bodybuilding di qualunque natura e forma (dal weider ai metodi infrequenti) essere passato al metodo distribuito tecnico (cioè lavoro tecnico, frequenza elevata sui multiarticolari e volume) tipico della pesistica e applicato ai big 3 e non aver migliorato la composizione corporea. Questa la mia esperienza di giovane coach e tantissimi la possono testimoniare. Come tutte le semplici esperienza vale per quel che vale, però è.

Questa è una verità pratica che potrete osservare ovunque.

IL BODYBUILDING

13. Il bodybuilding tradizionale non è la scelta migliore per un natural. Sicuramente meglio fare 6 serie da 3 per 3 volte a settimana che 3 serie da 10 ogni sette giorni. I motivi sono molteplici e tutti estremamente fondati sulla realtà. Ne ho scritto sempre su Olympian’s quest’anno, fatevi spedire da Ciccarelli i numeri di marzo e maggio 2011 e non leggerete la solita roba.

Questo però non è sufficiente a spiegare tutti gli eventi.  Vero che il bodybuilding  classico non è l’ottimo per il natural però nemmeno possiamo far finta di non vedere che tutti i veramente grossi fanno molto lavoro lattacido. Al che mi sono detto che questo evento meritava una spiegazione un po’ più assennata di quelle che si sentono di solito.

Il lavoro lattacido SECONDO LA MIA PERSONALE ESPERIENZA andrebbe limitato ai monoarticolari, se il vostro primo problema sono le bracciotte segnate e cesellate. Fate lavoro lattacido di qualità. Gestione dei tempi sotto tensione e cura tecnica anche nei complementari monoarticolari sono un arma straordinaria per non essere schiacciati dallo stress indotto dall’acido lattico e per massimizzare benessere e quindi risposta anabolica.

Per lo più ho osservato come che fa bodybuilding cresca (anche magari non in maniera ottimale)  essenzialmente perché ha una forma mentis e l’abitudine mentale a spingere. Ci sono modi migliore per farlo? Di certo però questo tizio spinge e si fa il culo. Il supersecchione che conta ore e minuti di recupero tra l’allenamento del sartorio e quello del vasto mediale, si allena bene, cura l’esplosività però non spinge duro e non si fa il culo. I bodybuilders spesso sono rigidi come dei salami però hanno la voglia di spingere, il che se è incanalata nella maniera giusta produce grandi cose.

PROGRAMMA PRATICO

La prossima settimana, nel continuo di questo articolo vi presenteremo un modello di allenamento basato sul metodo MAV alternato ad una applicazione pratica di quello che Boris Sheyko mi propose esplicitamente via mail sull’ipertrofia del powerlifter. Due logiche che se alternate ritengo prestarsi fantasticamente al powerbodybuilder natural che cerchi un approccio razionalizzato ai carichi.

Un programma stile mav che abbracci tutti i punti sopraelencati , una sorta di modello su cui riragionare il vostro modo di imporre al corpo una risposta anabolica in ottica di alto carico, volume, frequenza, tensione e pure di pompaggio. Soprattutto però ricordatevi che occorre farsi letteralmente il culo.

Non perdetevi il seguito.

Potete leggere la seconda parte di questo articolo cliccando qui.